Sospensione della patente: provvedimento legittimo a prescindere dagli elementi costitutivi del reato

Con l’ordinanza n. 9538/2018 la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della sospensione cautelare della patente di guida.

Un conducente proponeva opposizione dinanzi al Giudice di Pace avverso l’ordinanza con la quale il Prefetto aveva disposto la sospensione della patente di guida per violazione dell’art. 186, commi 7 e 8, C.d.s. avendo rifiutato di sottoporsi ai rituali accertamenti finalizzati a verificare se fosse o meno alla guida in stato di alterazione psicofisica.

Il ricorrente fondava la propria opposizione sul fatto che al momento dell’accaduto si trovava in uno stato di incapacità di intendere e di volere dovuta al sinistro che lo aveva coinvolto, a causa del quale aveva riportato numerose lesioni fisiche che ne avevano determinato un ricovero immediato presso una struttura ospedaliera.

Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione proposta e pertanto l’opponente proponeva tempestivo appello dinanzi al Tribunale, il quale, uniformandosi alla decisione del giudice di prime cure, rigettava il gravame proposto.

Avverso la sentenza di gravame l’opponente ricorreva in Cassazione lamentando la sussistenza di violazioni di norme di legge da parte del giudice di appello in quanto quest’ultimo aveva ritenuto il comportamento del conducente idoneo a determinare una violazione dell’art. 186, commi 7 e 8 del C.d.s. senza tuttavia accertare l’esistenza o meno degli elementi costituitivi del reato.

Orientamento consolidato dei giudici del Palazzaccio affermava che “ il provvedimento cautelare di sospensione della patente adottato in relazione alle altre ipotesi di reato ex art. 223, comma 3, c.d.s., tra cui quella in esame di rifiuto di sottoporsi ad alcoltest, costituisce misura provvisoria di polizia volta cautelarmente ad impedire che il conducente costituisca fonte di pericolo per la circolazione in previsione dell’irrogazione della sanzione della sospensione o della revoca della patente, sicché integra gli estremi dell’atto dovuto, la cui discrezionalità è limitata alla durata della misura e che prescinde dall’accertamento degli estremi costitutivi del reato e da ogni indagine sull’elemento psicologico, dovendo l’autorità amministrativa verificare soltanto che la violazione contestata rientri tra quelle previste”.

Nel caso di specie, gli Ermellini ritenevano che il Tribunale in sede di Appello aveva correttamente ritenuto di non soffermarsi su quanto dedotto dall’appellante circa il mancato accertamento degli elementi costituitivi del reato in ragione del fatto che l’opposizione proposta dinanzi al giudice di primo grado aveva ad oggetto soltanto il provvedimento cautelare di sospensione emesso dal prefetto e dunque non aveva alcuna rilevanza al riguardo l’accertamento o meno dello stato di incapacità di intendere e di volere.

Inoltre, nemmeno il successivo giudicato penale che aveva disposto l’assoluzione dell’opponente dal reato presupposto poteva incidere sulla legittimità del provvedimento di sospensione la quale deve essere valutata con riferimento al momento in cui si era compiuto il fatto.

Alla luce di quanto esposto sopra la Suprema Corte ritenuti i motivi sottesi al ricorso palesemente inammissibili, rigettava il ricorso proposto.

Dott. Matteo Pavia