Aggressione dopo discussione per motivi politici, non c'è aggravante dei “futili motivi"
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione II Penale, con la sentenza n. 52547 del 17 novembre 2017, mediante la quale ha accolto il ricorso e ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputato.
La pronuncia ha avuto origine, nel caso di specie, dal ricorso presentato da un cittadino avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo la quale lo ha condannato alla pena di anni due di reclusione e 1.300,00 euro di multa per la violazione dell’art. 640, 61 n. 11 cod. penale.
Gli Ermellini hanno precisato, motivando nel merito il ricorso, che la violazione dell’art. 546 comma 1 lett. E) cod. proc. pen. con particolare riferimento al tema della mancata correlazione tra imputazione contestata e contenuto della decisione ex art. 521 cod. proc. penale appare non manifestamente infondato e difatti, ha ribadito la Suprema Corte, “la non manifesta infondatezza del citato motivo, impone ex art. 129 cod. proc. pen. l’immediato accertamento dell’esistenza di cause di non punibilità”.
Nel caso de quo, il reato consumato nel dicembre 2008 risulta estinto nel mese di aprile del 2017.
I Magistrati del Palazzaccio stabiliscono infatti, che “ai fini dell’individuazione del tempo necessario a prescrivere ex art. 157 cod. pen. del reato contestato non si può tenere conto della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 1 (l’aver agito per motivi abietti o futili) cod. penale, né della recidiva che è stata esclusa dal Tribunale.
Pertanto il reato contestato ha come termine di prescrizione quello di anni sei, che per effetto della interruzione diventano anni sette e mesi sei, cui vanno aggiunti mesi dieci derivanti dalla sospensione maturata nel corso del giudizio.
Il reato contestato è pertanto estinto per prescrizione in data 2.4.2017”.
Per le suddette ragioni dichiara non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere il reato estinto per sopravvenuta prescrizione, confermando nel resto la decisione impugnata.
Dott. Vincenzo Di Capua
Aggressione dopo discussione per motivi politici, non c'è aggravante dei “futili motivi"
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione II Penale, con la sentenza n. 52547 del 17 novembre 2017, mediante la quale ha accolto il ricorso e ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputato.
La pronuncia ha avuto origine, nel caso di specie, dal ricorso presentato da un cittadino avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo la quale lo ha condannato alla pena di anni due di reclusione e 1.300,00 euro di multa per la violazione dell’art. 640, 61 n. 11 cod. penale.
Gli Ermellini hanno precisato, motivando nel merito il ricorso, che la violazione dell’art. 546 comma 1 lett. E) cod. proc. pen. con particolare riferimento al tema della mancata correlazione tra imputazione contestata e contenuto della decisione ex art. 521 cod. proc. penale appare non manifestamente infondato e difatti, ha ribadito la Suprema Corte, “la non manifesta infondatezza del citato motivo, impone ex art. 129 cod. proc. pen. l’immediato accertamento dell’esistenza di cause di non punibilità”.
Nel caso de quo, il reato consumato nel dicembre 2008 risulta estinto nel mese di aprile del 2017.
I Magistrati del Palazzaccio stabiliscono infatti, che “ai fini dell’individuazione del tempo necessario a prescrivere ex art. 157 cod. pen. del reato contestato non si può tenere conto della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 1 (l’aver agito per motivi abietti o futili) cod. penale, né della recidiva che è stata esclusa dal Tribunale.
Pertanto il reato contestato ha come termine di prescrizione quello di anni sei, che per effetto della interruzione diventano anni sette e mesi sei, cui vanno aggiunti mesi dieci derivanti dalla sospensione maturata nel corso del giudizio.
Il reato contestato è pertanto estinto per prescrizione in data 2.4.2017”.
Per le suddette ragioni dichiara non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere il reato estinto per sopravvenuta prescrizione, confermando nel resto la decisione impugnata.
Dott. Vincenzo Di Capua
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