
Opponibilità del fondo patrimoniale: serve la prova in giudizio
Con la sentenza 23955 del 12 ottobre 2017 la Corte di Cassazione, sez. III, ha affrontato il tema dell’inopponibilità di un atto di costituzione di un fondo patrimoniale non provato in giudizio.
Nel caso di specie, i ricorrenti si sono visti rigettare l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Varese che, a sua volta, aveva ritenuto inopponibile al creditore procedente l’atto di costituzione del fondo patrimoniale di alcuni beni immobili pignorati dalla società creditrice, e pertanto hanno proposto ricorso per Cassazione avverso quest’ultima decisione.
I ricorrenti, con il primo motivo, sostenevano che l’art 162 c.c., comma 4, impone, quale condizione di opponibilità ai terzi, l’annotazione dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale in calce all’atto di matrimonio, ma non anche una sua produzione in giudizio.
Con un secondo motivo si deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art.170 c.c. e dell’art 229 c.p.c. in relazione alla parte della sentenza della Corte d’Appello in cui era stato rilevato che agli esecutati non sarebbe bastato soltanto dimostrare l’opponibilità del fondo patrimoniale a terzi, ma anche che il debito era stato contratto per scopi estranei agli interessi della famiglia.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo il secondo motivo assorbito dal rigetto di quello concernente la motivazione principale del provvedimento impugnato, la quale da sola sufficiente a reggere la decisione finale, stabilendo che “l’esibizione in giudizio dell’atto di matrimonio recante l’annotazione non è condizione sostanziale di opponibilità dell’atto ai terzi richiesta dall’art. 162 c.c., ma costituisce necessario adempimento all’onere processuale della prova in giudizio”.
Pertanto, alla luce di quanto stabilito dalla Corte, la prova si sarebbe dovuta fornire producendo in giudizio non solo l’atto notarile di costituzione del fondo patrimoniale ma, altresì, l’atto di matrimonio dal quale si fosse evinta la data di annotazione del regime patrimoniale in commento, così da dimostrare in giudizio, e nel contraddittorio tra le parti, l’eventuale anteriorità di tale annotazione rispetto alla data di trascrizione del pignoramento, ai fini dell’opponibilità ai terzi.
Dott. Adriano Izzo

Opponibilità del fondo patrimoniale: serve la prova in giudizio
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I ricorrenti, con il primo motivo, sostenevano che l’art 162 c.c., comma 4, impone, quale condizione di opponibilità ai terzi, l’annotazione dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale in calce all’atto di matrimonio, ma non anche una sua produzione in giudizio.
Con un secondo motivo si deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art.170 c.c. e dell’art 229 c.p.c. in relazione alla parte della sentenza della Corte d’Appello in cui era stato rilevato che agli esecutati non sarebbe bastato soltanto dimostrare l’opponibilità del fondo patrimoniale a terzi, ma anche che il debito era stato contratto per scopi estranei agli interessi della famiglia.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo il secondo motivo assorbito dal rigetto di quello concernente la motivazione principale del provvedimento impugnato, la quale da sola sufficiente a reggere la decisione finale, stabilendo che “l’esibizione in giudizio dell’atto di matrimonio recante l’annotazione non è condizione sostanziale di opponibilità dell’atto ai terzi richiesta dall’art. 162 c.c., ma costituisce necessario adempimento all’onere processuale della prova in giudizio”.
Pertanto, alla luce di quanto stabilito dalla Corte, la prova si sarebbe dovuta fornire producendo in giudizio non solo l’atto notarile di costituzione del fondo patrimoniale ma, altresì, l’atto di matrimonio dal quale si fosse evinta la data di annotazione del regime patrimoniale in commento, così da dimostrare in giudizio, e nel contraddittorio tra le parti, l’eventuale anteriorità di tale annotazione rispetto alla data di trascrizione del pignoramento, ai fini dell’opponibilità ai terzi.
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