Decreto di espulsione: la pericolosità sociale abituale ed attuale

Con la sentenza n. 21099/2017 la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della sicurezza pubblica e in particolare dell’espulsione amministrativa di stranieri. 

La vicenda traeva origine da un decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Venezia nei confronti di un extracomunitario poiché privo di permesso di soggiorno e in particolare tratto in arresto in flagranza di reato per detenzione illecita di sostanze stupefacenti finalizzata al commercio.

Visto il mancato ottemperamento al suddetto decreto di espulsione, il Prefetto di Venezia provvedeva ad emettere, sempre nei confronti del medesimo soggetto, un ulteriore decreto di espulsione.

Lo straniero, con apposito ricorso depositato presso il Giudice di Pace di Venezia, si opponeva ai due decreti di espulsione e contestualmente ne chiedeva l’immediato annullamento.

Il GDP di Venezia respingeva il suddetto ricorso e dichiarava inammissibile l’opposizione avverso il secondo decreto di espulsione in quanto del tutto generica.

Nello specifico il GDP rilevava che tutti gli elementi (reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, contraffazione di banconote, arresto in flagranza di reato per ben due volte) attestavano la pericolosità e l’abitualità del soggetto a dedicarsi a traffici delittuosi e pertanto rappresentava una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Avverso la decisione del GDP lo straniero proponeva ricorso per Cassazione sostenendo l’assenza dell’attualità di comportamenti antisociali e della pericolosità sociale abituale ed attuale.

La Suprema Corte ha ritenuto che “in caso di ricorso avverso il procedimento di espulsione disposto ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. c) del D.lgs. n. 286/1998, il controllo giurisdizionale deve avere ad oggetto il riscontro dell’esistenza dei presupposti di appartenenza dello straniero ad una delle categorie di pericolosità sociale indicate nell’art. 1, L. n. 1423/1956 sostituito dall’art. 13, L. n. 646/1982.

Pertanto i giudici del palazzaccio affermavano che “nel compiere tale accertamento, il GDP aveva pieni poteri e deve tenere conto del carattere oggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni dell’attuale pericolosità del soggetto nonché possibilità di valutazione sulla personalità del soggetto stesso attraverso l’esame di tutte le manifestazioni sociali della sua vita.”

Nel caso de quo infatti il GDP di Venezia aveva esaminato minuziosamente tutti i criteri d’individuazione della pericolosità sociale stabiliti dalla Suprema Corte, infatti la natura dei reati commessi nonché la loro reiterazione evidenziavano l’esistenza di una pericolosità attuale ed abituale del soggetto.

Alla luce di quanto affermato la Corte di Cassazione rigettava il ricorso. 

Dott. Matteo Pavia