Cooperazioni tra amministrazioni, possibile l’ufficio unitario di avvocatura

“Ai sensi dell’art. 2, co. 12, L. n. 244/2007 è possibile creare, come oggetto della reciproca cooperazione tra le diverse amministrazioni interessate, una struttura nuova e comune, ossia ‘l’ufficio unitario di avvocatura, da implementare con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l’esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all’accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all’accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti”: questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza n. 2731 del 7 giugno 2017.

Con ricorso al TAR Lombardia, gli odierni appellati impugnavano alcuni provvedimenti adottati dal Comune di Busto Arsizio e precisamente:

la delibera recante “Convenzione intercomunale costitutiva dell’Avvocatura Comunale Unica“, da proporre ai Comuni interessati alla costituzione dell’Avvocatura Unica e con si disponeva altresì di concludere la convenzione con il Comune di Gallarate, “precisando che per eventuali ulteriori convenzionamenti si procederà con apposito atto deliberativo“; la delibera con cui il predetto Comune approvava l’adesione del Comune di Cardano al Campo; nonché le delibere con cui veniva approvato il convenzionamento con i Comuni di Lonate Pozzolo, Mozzate e Busto Garolfo.

Il ricorso veniva accolto e, pertanto, l’originale resistente proponeva appello in Consiglio di Stato.

Secondo i Giudici di Palazzo Spada “Nel caso di specie non si era in presenza di un ufficio creato ex novo dai comuni interessati all’attivazione, in forma convenzionata, di un servizio legale comune; bensì di una unidirezionale mera messa a disposizione dei servizi dell’ufficio legale del Comune di Busto Arsizio anche ad altri enti territoriali, secondo un dispositivo riconducibile a schemi negoziali di tipo privatistico”.

Si è dunque al di fuori dello schema legale del predetto art. 2, co. 12, la cui natura eccezionale non consente interpretazioni analogiche o estensive.

In particolare, prosegue il Collegio, “la norma persegue un duplice obiettivo: a) assicurare la fruizione, con carattere di continuità, di un importante servizio quale quello legale “interno” anche agli enti locali inizialmente sprovvisti di siffatta struttura; b) prevenire, per contro, che per tale via si assista ad una nuova proliferazione dei pubblici uffici. In questi termini non appare di suo necessaria la “messa in comune”, tra i diversi enti locali convenzionati, del personale dagli stessi già dipendente e dotato della qualifica di avvocato: ciò, infatti, verrebbe a contraddire in concreto la ragione della innovazione legislativa, perché precluderebbe l’accesso al servizio a quei comuni cui la norma appare precipuamente diretta, ossia a quelli di dimensioni minori, che finora non hanno potuto avvalersi per ragioni di bilancio di siffatto servizio.

La convenzione tra i comuni interessati, conclude il Consiglio di Stato, “ben potrebbe prevedere che solo i comuni che già dispongono del relativo personale provvedano a “conferirlo” al costituendo “ufficio comune”, gli altri potendo apportare, in tutto o in parte, personale amministrativo e dotazioni materiali della struttura. Ma ciò che appare insuperabile – ai sensi della riforma – è che l’ufficio (proprio perché “unico”) di avvocatura sia “nuovo” e realmente “comune” ai vari enti territoriali consorziati. Il che comporta, per riflesso, la simultanea cessazione ad ogni effetto dell’ufficio del comune conferente quando sorge l’ufficio comune. Quanto sopra non esclude che poi nuovi enti territoriali possano entrare, con il consenso dei precedenti, a far parte dell’accordo consortile e, dunque, acquisiscano la contitolarità pro quota dell’ufficio (e servizio) comune, purché ciò non eluda i principi di cui si è detto”.

L’appello, pertanto, veniva respinto.

Dott. Andrea Paolucci