
Lettere in carcere, grafia indecifrabile ferma corrispondenza fra coniugi
Con sentenza n. 8766/17, sez. I penale, del 22 febbraio 2017, la Corte di Cassazione ha confermato la giustezza della scelta ad opera di un Istituto Penitenziario di sequestrare una lettera scritta con grafia indecifrabile e indirizzata ad un detenuto sottoposto al regime di carcere duro.
Il destinatario della missiva, spedita dalla moglie, è un boss della camorra arrestato dopo un periodo di latitanza e soggetto al regime speciale previsto dall’ «articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario».
La lettera sequestrata risultava essere di ‘contenuto indecifrabile’, collegato alla grafia con cui era stata scritta e ciò ha dato luogo a dubbi ‘sull’effettiva finalità della comunicazione’ epistolare in questione, tenuto altresì conto del regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis Ord. Pen. al quale il ricorrente è sottoposto.
La corrispondenza epistolare, ammessa senza limiti quantitativi e qualitativi (sia per la posta in arrivo che per quella in partenza), “con i congiunti e con altre persone”, risulta disciplinata dall’art. 18 dell’Ordinamento penitenziario. Si tratta di una forma di comunicazione vista con favore dall’Amministrazione penitenziaria che “pone a disposizione dei detenuti e degli internati, che ne sono sprovvisti, gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza” (art. 18, comma 4).
La presenza di alcune foto dei tre figli della coppia e della coppia stessa, non ha scalzato la decisione de qua ed inutili sono state le obiezioni dell’uomo che è stato condannato anche al pagamento delle spese processuali.
Dott.ssa Chiara Vaccaro

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