Annullamento matrimonio ecclesiastico, serve prova contraria ultratriennalità convivenza

febbraio 26th, 2017|Articoli, Diritto civile, Rosita Sovrani|

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3315/2017 depositata l’8 Febbraio, si è espressa sul tema del riconoscimento in Italia dell’efficacia della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio.

La Corte di Appello di Perugia, attraverso la sentenza n. 55/2015, ha respinto la domanda del coniuge di riconoscimento della sentenza ecclesiastica di nullità poiché i coniugi avevano mantenuto una convivenza stabile dal 2003, data in cui è stato celebrato il matrimonio, fino al 2009.

Il limite di stabilità e continuità ultratriennale della convivenza, presupposto fondamentale per escludere che venga riconosciuta la sentenza ecclesiastica, previsto dalle SS.UU., era stato nella fattispecie superato dalla coppia.

In questo caso, il coniuge, ha deciso di ricorrere per cassazione.

La Corte ha ritenuto infondati i motivi posti alla base del ricorso in quanto “il requisito della convivenza ultratriennale dei coniugi, dopo la celebrazione del matrimonio, che, nella specie, ha costituito l’oggetto di specifica eccezione da parte della N. , può e deve essere smentito solo da una prova contraria a carico di chi agisce per il riconoscimento della sentenza di nullità del matrimonio concordatario una volta che sia incontestata la fissazione di una comune residenza anagrafica dei coniugi e la volontà di instaurare un rapporto coniugale effettivo”.

Non è desumibile dal testo della sentenza ecclesiastica alcun elemento di prova, pertanto, ciò ha permesso alla Corte di appello di poter “affermare il carattere fittizio della residenza comune dei coniugi mentre le deposizioni raccolte, nel corso del giudizio di annullamento davanti al tribunale ecclesiastico, attestano, al contrario la effettività della convivenza dei coniugi dal 2003 al 2009”.

Non è rilevante il fatto che tale convivenza sia stata intervallata da alcuni allontanamenti di un coniuge spinti dall’esigenza di dover visitare e assistere i propri familiari nel suo paese.

Non risulta rilevante neanche il carattere problematico del rapporto coniugale poiché “quello che rileva è la effettività del rapporto coniugale dopo la celebrazione del matrimonio, l’effettivo attuarsi del rapporto coniugale che, nella specie, la Corte di appello ha correttamente ritenuto provato sulla base della comune convivenza e della nascita dei figli ritenendo pertanto destituita di fondamento la affermazione del ricorrente secondo cui i coniugi non avrebbero avuto e attuato alcun progetto di vita in comune”.

La Corte ha quindi respinto il ricorso.

Dott.ssa Rosita Sovrani