Pubblico impiego: la sentenza del Consiglio di Stato sul reclutamento del personale

“Al fine del reclutamento del personale, la Pubblica amministrazione può optare fra lo scorrimento delle graduatorie preesistenti o l’indizione di un nuovo concorso; tuttavia, la scelta non può definirsi libera in quanto vi è un favore dell’ordinamento per lo scorrimento delle graduatorie preesistenti”: questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione IV, con la sentenza n. 5543 del 30 dicembre 2016.

Nel caso di specie, l’odierno appellante, dichiarato idoneo non vincitore nella prima posizione della graduatoria del concorso per titoli ed esami per la nomina di tre tenenti in servizio permanente nel ruolo normale del Corpo di amministrazione e commissariato dell’Esercito, proponeva ricorso al T.A.R. del Lazio, prospettando il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 35, comma 5 ter, del d.lgs. n. 165/2001 nonché dell’art. 1, comma 4, del D. L. n. 216 del 2011, convertito nella legge n. 14/2012, in quanto, ai sensi dell’art. 35, comma 5 ter, del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 4 del D.L. n. 216/2011 la graduatoria in cui il ricorrente era posizionato primo tra gli idonei non vincitori era vigente all’atto dell’indizione del nuovo bando di concorso e pertanto avrebbe dovuto essere utilizzata per il reclutamento nella stessa qualifica.

Con sentenza n. 3099/2014, depositata il 20 marzo 2014, il T.A.R. del Lazio, sezione Prima bis, accoglieva il ricorso nella parte annullatoria.

Avverso la sentenza del TAR venivano proposti in Consiglio di Stato sia appello principale che appello incidentale

Il Consiglio di Stato, rifacendosi a quanto stabilito dalla Sent. n. 14/2011 dell’Ad. Plen., ha affermato che: “qualora l’Amministrazione propenda, per l’indizione di un nuovo concorso, essa sarà obbligata ad esternare le ragioni della propria scelta in modo da evidenziare i motivi di interesse pubblico prevalenti rispetto alle situazioni giuridiche degli idonei non vincitori nella precedente procedura concorsuale. In deroga a quest’ultimo principio, sussistono, delle ipotesi nelle quali si riconosce la doverosità per l’Amministrazione di procedere all’indizione di nuovi concorsi, in luogo dello scorrimento delle graduatorie che, al contrario, si rivelerebbe una soluzione inopportuna e lesiva di preminenti ragioni di interesse pubblico. Nel novero di queste eccezioni al principio dello scorrimento delle graduatorie, secondo l’Adunanza Plenaria rientrano le ipotesi in cui l’indizione di una nuova procedura concorsuale si renda necessaria per particolari ragioni dovute alla periodicità del reclutamento imposto da normative di settore”.

Il Collegio, dunque, ha ritenuto di dover condividere “quanto di recente ribadito da questa Sezione (cfr. sentenze 15 settembre 2015 nn. 4330, 4331 e 4332; v. pure 28 gennaio 2016, nn. 316 e 318) secondo cui la ciclica indizione dei concorsi è strumentale all’esigenza di verificare l’attualità del possesso dei requisiti inerenti all’età, all’efficienza fisica ed al profilo psico-attitudinale, in capo ai soggetti che si apprestano a ricoprire una specifica qualifica professionale all’interno dell’Arma dei Carabinieri: dal momento che il possesso dei requisiti fisici e psico-attitudinali deve necessariamente rivestire il carattere dell’attualità, l’ordinamento militare incentiva l’indizione di nuovi concorsi in luogo dello scorrimento di preesistenti graduatorie“.

Pertanto, secondo i Giudici di Palazzo Spada, “può desumersi la sussistenza di quelle “speciali disposizioni legislative” che impongono “una precisa cadenza periodica del concorso, collegata anche a peculiari meccanismi di progressioni nelle carriere” le quali, secondo i principi espressi dall’Adunanza Plenaria, giustificano un ridimensionamento degli obblighi motivazionali in capo all’Amministrazione, nell’ipotesi di indizione di un nuovo concorso anche a breve distanza rispetto ad un altro previsto per le medesime posizioni professionali”.

Di conseguenza, veniva accolto l’appello incidentale e, per l’effetto, riformata la sentenza appellata nella parte in cui ha annullato il provvedimento impugnato; mentre veniva dichiarato improcedibile l’appello principale.

Dott. Andrea Paolucci