Donna muore a causa delle viti di una scala: no al risarcimento per gli eredi

Con sentenza n. 24480/2016 del 30 novembre 2016 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dagli eredi di una donna deceduta a causa di una caduta sulle scale della stazione.

Nel caso di specie, una donna, mentre si recava ad una fermata delle Ferrovie dello Stato, inciampava su delle viti di bloccaggio della scala in ferro che conducevano alla fermata, in quanto non correttamente avvitate e ruzzolava per ben oltre 600 scalini.

La donna veniva portata al Pronto soccorso ma dopo decedeva per grave trauma contusivo encefalico. Gli eredi convenivano pertanto in giudizio Ferrovie dello Stato chiedendo il risarcimento dei danni conseguente al sinistro verificatosi a carico della defunta madre ma sia in primo che in secondo grado le domande venivano rigettate.

Gli stessi pertanto hanno proposto ricorso per Cassazione denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 c.c. e 2697 c.c.

A parere dei ricorrenti, infatti, la Corte di Appello nell’escludere la responsabilità per custodia delle Ferrovie dello Stato aveva effettuato un’inversione dell’onere della prova relativo al caso.

Questi ultimi lamentavano, dunque, che il loro onere probatorio fosse semplicemente quello di dimostrare che la cosa in custodia «presentasse caratteristiche tali da costituire una pericolosa insidia».

La Corte di Cassazione ha motivato il rigetto del ricorso in virtù del fatto che la responsabilità extracontrattuale del custode entra in gioco solo quando “la cosa custodita sia di per sé idonea a sprigionare un’energia o una dinamica interna alla sua struttura, tale da provare il danno (scoppio di una caldaia, esalazioni venefiche da un manufatto, ecc.), ovvero, qualora per contro si tratti di cosa di per sé statica e inerte e richieda che l’agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, per la prova del … -a carico del danneggiato – occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presenti peculiarità tali da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione (buche, ostacoli imprevisti, mancanza di guard-rail, incroci non visibili e non segnalati, ecc.)”.

La Suprema Corte continua spiegando che, nel caso in discorso, la Corte d’Appello ha rigettato le domande risarcitorie in quanto gli attori non avevano fornito la prova del nesso causale tra la caduta dalla scala della signora ed il carente stato di manutenzione delle scale, ovvero della presenza sulle scale di viti allentate atte a costituire un pericolo per chi la percorresse, escludendo in tal modo che la caduta fosse dovuta “ad altra causa, accidentale e completamente autonoma dalla condizione delle scale, ovvero un malore della medesima, un urto da parte di altre persone, una caduta accidentale per distrazione”.

Dott.ssa Carmela Giovannini