La stipula del contratto congeda il diritto di revoca

La sentenza n. 1174 del Consiglio di Stato del 22 marzo 2016 ribadisce il principio per il quale nei procedimenti di affidamento di lavori pubblici, le pubbliche amministrazioni che successivamente alla stipula del contratto di appalto rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione ma devono esercitare il diritto potestativo del recesso regolato dall’art. 134 del d.lgs. n. 163 del 2006

Tale sentenza fa seguito alla pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 14 del 2014, intervenuta a fronte di un contrasto giurisprudenziale tra l’orientamento maggioritario del Consiglio di Stato e la posizione sposata dalla Corte di Cassazione, in merito al potere di revoca degli atti amministrativi successivamente alla stipula del contratto.

In merito la Corte di Cassazione è sempre stata contraria ad ammettere un potere di revoca capace di incidere sul contratto stipulato all’esito di una procedura ad evidenza pubblica, affermando che dalla stipula del contratto nasce un rapporto giuridico paritetico, per cui qualsiasi motivo sopravvenuto di inopportunità dovrebbe essere ricondotto all’esercizio del potere contrattuale di recesso, come previsto dalla normativa sui contratti pubblici (S.U. n. 10160/2003 e n. 29425/2008). Al contrario, l’orientamento consolidato del Consiglio di Stato ritiene la legittimità del potere di revoca delle stazioni appaltanti degli atti amministrativi nel procedimento ad evidenza pubblica, anche laddove fosse stipulato il contratto, con il conseguente diritto del privato all’indennizzo.

Il Consiglio di Stato nella sentenza in oggetto, si allinea alla posizione della Cassazione, con la precisazione che resta tuttavia impregiudicata la possibilità della revoca nella fase procedimentale della scelta del contraente fino alla stipulazione del contratto, nonché dell’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione definitiva anche dopo la stipulazione del contratto, ai sensi dell’art. 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004, con la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto. Tale ermeneutica, prima sostenuta dalla Corte di Cassazione, poi dal Consiglio di Stato, affonda le sue radici sulla netta distinzione tra la fase della trattazione del contratto ad evidenza pubblica e la fase successiva alla conclusione del contratto. Infatti, la fase di affidamento dei lavori pubblici è disciplinata dalla legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241 del 1990), nella quale si tutela l’interesse legittimo dei soggetti coinvolti nei confronti della pubblica amministrazione,  che esercita un potere autoritativo attribuitole dalla legge. 

La fase successiva alla stipula del contratto rientra, invece, nella sfera dei diritti soggettivi, in quanto con la conclusione del contratto si crea tra le parti un sinallagma come nei negozi tra privati e, le vicende successive alla stipula del contratto riguardano questioni attinenti esclusivamente alla validità ed efficacia del negozio giuridico. Per questi motivi, l’unica possibilità per la pubblica amministrazione di sciogliere il rapporto giuridico instaurato è l’esercizio dello strumento civilistico del recesso, disciplinato negli appalti pubblici dalla normativa speciale ex art.134 del D. Lgs n. 163 del 2006.

Dott. Ettore Salvatore  Masullo