Risarcimento del danno, la mancata sollecitazione della definizione del giudizio è motivo di esclusione?

La Corte di Cassazione, con sentenza del 5 gennaio 2016 n° 47, ha annullato una sentenza di appello con la quale era stato negato il diritto al risarcimento del danno ex Legge Pinto, sul presupposto della mancata sollecitazione rivolta ai giudici (amministrativi), da parte del soggetto ricorrente, circa la definizione del procedimento pendente.

Nel caso di specie un medico, nonostante l’inoltro della domanda e la sussistenza dei requisiti per partecipare ad un concorso indetto da un ospedale per la nomina a primario, non veniva convocato per la prova scritta.

Lo stesso medico, al fine di vedere tutelati i propri diritti, aveva proposto, nel 1992, ricorso al Tar del Lazio con immediato deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza e dell’istanza di prelievo; Nonostante le ripetute istanze di fissazione udienza il Tar del Lazio fissava la prima udienza di discussione per il giorno 2 novembre 2011 e decideva la causa con sentenza del 2012 con la quale il ricorso veniva dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito.

Successivamente il medico ricorreva ex Legge Pinto al Presidente della Corte d’Appello di competenza, il quale liquidava con decreto la somma di Euro 8.000 per i danni da ritardo.

Proposta opposizione al decreto per vizi di violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del DL 112 del 2008, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, otteneva dalla Corte d’Appello il rigetto della pretesa risarcitoria con condanna del medico alle spese di giustizia.

La cassazione di questo decreto veniva richiesta dal medico e il Ministero dell’Economia e delle Finanze resisteva con controricorso.

Nel decidere la controversia in questione la Sez. VI Civile della Corte di Cassazione, in relazione al tema dell’equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89,   ha fatto proprio il principio di diritto già più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo o alla ritardata presentazione di essa. La previsione di strumenti sollecitatori, infatti, non sospende né differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli stessi, né implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilità per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell’apprezzamento della entità del lamentato pregiudizio (Sez. Un., 23 dicembre 2005, n. 28507).

Per questi motivi la Corte ha accolto il ricorso ed ha cassato il decreto impugnato, rinviando alla Corte di Appello di Perugia in altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di Cassazione.