“Ottobre Fallimentare”, tempi più stretti per la liquidazione dell’attivo

Il Decreto Legge n. 83 del 27 giugno 2015 recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”, convertito in legge con modifiche con la legge 6 agosto 2015, n. 132 – oltre ad avere introdotto sostanziali modifiche alla Legge Fallimentare in materia di concordato preventivo e di accordo di ristrutturazione debiti – ha sostanzialmente modificato, soprattutto nei tempi di relativo espletamento, alcune delle fondamentali incombenze del curatore delle procedure fallimentari.

In modo particolare si evidenzia l’intervento operato dal legislatore della riforma sulla tempistica delle operazioni di liquidazione dell’attivo fallimentare.

Con l’art. 6 del D.L. di riforma in  esame è stato modificato l’art. 104 ter della Legge Fallimentare (“Programma di liquidazione”), in primo luogo integrandone il primo comma con la previsione di un termine massimo entro il quale il curatore deve predisporre il programma di liquidazione e, cioè, il termine di non oltre centoottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento, nonché con la disposizione che la mancata osservanza di tale termine senza giustificato motivo costituisce giusta causa di revoca del curatore medesimo.

Lo stesso articolo 6, poi, integra il comma secondo dell’art. 104 ter aggiungendo, agli elementi che debbono essere indicati nel programma di liquidazione, anche il termine entro il quale sarà completata la liquidazione medesima e precisando che, in ogni caso, tale termine non può eccedere due anni dal deposito della sentenza dichiarativa di fallimento.

Il legislatore della riforma, peraltro, ha tenuto conto del fatto che in taluni casi – e per la natura di determinati cespiti dell’attivo – il curatore ritenga necessario, per la liquidazione, un termine maggiore ed ha previsto che, proprio in tali casi e sempre che il curatore motivi specificamente al riguardo, il termine massimo innanzi precisato possa essere superato.

Sempre l’art. 6 della riforma ha aggiunto, all’art. 104 ter della Legge Fallimentare, un ultimo comma secondo cui il mancato rispetto dei termini previsti dal programma di liquidazione, senza che vi sia un giustificato motivo, costituisce giusta causa di revoca del curatore.

In ogni caso, come chiaramente si evince dal testo della norma riformata (<< limitatamente ad alcuni cespiti>>), la consentita deroga al termine massimo biennale non potrà riguardare l’intera liquidazione dell’attivo, ma solo la liquidazione di singoli cespiti specificamente individuati.

Valutando complessivamente le modifiche apportate dall’art. 6 del D.L. di riforma in esame al testo dell’art. 104 ter della Legge Fallimentare e, in particolare, le limitazioni temporali introdotte in tale articolo per quanto riguarda fondamentali adempimenti del curatore – quali la predisposizione del programma di liquidazione (termine massimo di centoottanta giorni dalla sentenza di fallimento) ed il completamento della liquidazione dell’attivo (termine massimo di due anni dal deposito della sentenza di fallimento, salvo eccezione per determinati cespiti per i quali il curatore deve fornire specifiche motivazioni)  – e considerate anche le gravi conseguenze (la revoca) previste dalla riforma a carico del curatore in caso di superamento di tali limitazioni temporali, è fondato ravvisare la ratio di tali modifiche nell’esigenza, avvertita dal legislatore della riforma, di assicurare una riduzione dei tempi di definizione delle procedure fallimentari, evitando ingiustificate lungaggini e vuoti temporali.

A tali finalità corrisponde anche l’ulteriore modifica introdotta dall’art. 6 del D.L. di riforma, con il prevedere la possibilità per il curatore di essere autorizzato dal Giudice Delegato ad affidare alcune incombenze della fase di liquidazione – oltre che ad altri professionisti, come già precedentemente previsto –  anche a società specializzate, le quali evidentemente dispongono di una struttura organizzativa e di mezzi idonei ad agevolare una più rapida vendita dei cespiti costituenti l’attivo fallimentare.