Falsa laurea Di Pietro: la storia processuale e la sentenza definitiva

Il 16 giugno il Tribunale di Roma, con la sentenza resa inter pares n. 13516/2015, ha condannato Silvio Berlusconi per le sue dichiarazioni relative alla presunta laurea falsa di Antonio Di Pietro. Berlusconi dovrà risarcire Di Pietro, difeso dallo Studio Scicchitano, con il pagamento di oltre 95.000 euro (sorte e spese legali) per i danni causati da quelle dichiarazioni.

Una vicenda annosa con diversi procedimenti in diversi sedi. I giudizi incardinati sono tre ed hanno avuto vicende ed esiti differenti. Ecco la ricostruzione.

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IL PROCEDIMENTO PENALE A BERGAMO

Il primo pendeva innanzi il Tribunale Penale di Bergamo e in quella sede il Dott. Berlusconi, invocando la tutela prevista dall’art. 68 Cost. ha chiesto e ottenuto che gli atti fossero inviati alla Camera dei Deputati per una valutazione sull’applicazione dell’esimente in commento.

La Camera dei Deputati ha deciso, a maggioranza, di votare per l’insindacabilità delle dichiarazioni in oggetto, e per l’effetto il Tribunale aveva davanti due strade: archiviare il procedimento oppure, ritenendo infondata la pronuncia della Camera dei Deputati decidere di depositare innanzi la Corte Costituzionale un Ricorso per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato.

La procura di Bergamo ha scelto questa seconda via: il giudizio per Conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato è stato sollevato e dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale. Il tribunale di Bergamo ha, però, notificato tardivamente l’ordinanza di ammissibilità del giudizio alla Camera dei Deputati rispetto al termine perentorio indicato dalla Corte Costituzionale.

Pertanto, il procedimento in Corte Costituzionale è stato dichiarato improcedibile e conseguentemente il procedimento penale su Bergamo a carico di Berlusconi è stato archiviato.

IL PROCEDIMENTO AL GIUDICE DI PACE PENALE DI VITERBO

Altro giudizio è quello che pendeva innanzi il Giudice di Pace Penale di Viterbo: in questo procedimento originariamente era stata disposta l’archiviazione del procedimento ai sensi dell’art. 68 Cost. in forza della summenzionata pronuncia di insindacabilità della Corte Costituzionale.

Avverso detto provvedimento, su istanza della difesa del Dott. Di Pietro, il P.M. ha proposto ricorso per Cassazione chiedendo l’annullamento del provvedimento di archiviazione con rinvio affinché fosse sollevato il giudizio per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e rinviato il fascicolo al GdP di Viterbo affinché il GdP valutasse l’opportunità di sollevare il giudizio per Conflitto di Attribuzione. Così è stato.

La Suprema Corte ha disposto che gli atti fossero inviati al GdP affinché questi sollevasse il giudizio per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato. La Corte Costituzionale ha accolto la tesi difensiva del Dott. Di Pietro ed ha deciso con ordinanza che gli atti fossero rimessi al GdP di Viterbo per lo svolgimento del processo affinché fosse accertata la diffamatorietà delle dichiarazioni di quest’ultimo.

Il Dott. Berlusconi quindi veniva rinviato a giudizio e iniziava il procedimento a suo carico, ma le parti addivenivano ad una composizione bonaria della vicenda.

IL PROCEDIMENTO AL TRIBUNALE DI ROMA

In ultimo il procedimento che si è definito con la sentenza del 19 giugno del Tribunale di Roma. In quella sede la difesa del Dott. Berlusconi ha sollevato varie eccezioni processuali nel tentativo di paralizzare il giudizio di merito, ma sono state tutte rigettate.

Nello specifico, per ciò che concerne l’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Roma a decidere della controversia sollevata da controparte, il Giudice Istruttore ha accolto la tesi sostenuta dalla difesa del Dott. Di Pietro, ritenendo di essere competente a conoscere, quindi a decidere, la controversia, in ragione del fatto che al momento delle dichiarazioni diffamatorie il soggetto diffamato aveva a Roma la propria residenza, come insegnano le Sezioni Unite della Suprema Corte.

Per ciò che riguarda la richiesta di parte convenuta di sospendere il presente giudizio ai sensi del cosiddetto Lodo Alfano, il Giudice ha affermato senza riserve, come rilevato, che “il tenore letterale della norma (leggasi art. 1 della legge 23.07.2008 n ° 124, meglio nota come lodo Alfano) induce a ritenere che l’istituto della sospensione trovi applicazione esclusivamente nei processi penali e non anche nei processi civili”.

Anche sull’ultima eccezione di parte convenuta relativa all’applicabilità al giudizio della tutela prevista dall’Art. 68 della Costituzione, il Giudice Istruttore aveva accolto la tesi difensiva laddove “ha rilevato che non sono emersi elementi utili ai fini della configurazione del nesso funzionale nell’accezione testé delineata non risultando alcuna attività parlamentare anche atipica come parametro di riferimento della valutazione di sostanziale identità di contenuti in relazione alle opinioni divulgate nel corso della trasmissione televisiva di cui è causa , riguardanti per lo più l’asserito conseguimento illegittimo della laurea nonché il modo in cui parte attrice ha esercitato le funzioni di P.M.”.

In applicazione dell’art. 68 della Costituzione il Giudice disponeva la sospensione del giudizio e la trasmissione di copia degli atti alla Camera di appartenenza del convenuto Berlusconi. Come detto sopra la Camera decideva che le dichiarazioni in commento fossero insindacabili ai sensi dell’art. 68 Cost. e anche in questo caso il Tribunale di Roma decideva di sollevare Conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato innanzi la Corte Costituzionale.

Anche in questo giudizio, come accadde per quello di Bergamo, l’ordinanza che dichiara ammissibile il Giudizio viene notificata non correttamente alla Camera dei Deputati, mettendo a rischio la prosecuzione del giudizio, costringendo il Dott. Di Pietro e il Suo legale ad intervenire innanzi la Corte Costituzionale per perorare le proprie ragioni.

La Corte Costituzionale, accogliendo la tesi difensiva del legale di Di Pietro, ha rigettato l’eccezione di improcedibilità del giudizio per Conflitto di Attribuzione sollevata dalla Camera dei Deputati e, al fine di consentire una compiuta difesa nel merito alla Camera dei Deputati, ha disposto che la propria cancelleria desse immediata comunicazione della predetta ordinanza al ricorrente – Giudice Unico del Tribunale ordinario di Roma – e che detto ricorso e l’ordinanza siano, a cura del ricorrente (Tribunale di Roma), fossero notificati alla Camera dei Deputati

Avendo scongiurato l’applicazione al caso di specie della tutela prevista dall’art. 68 Cost. ex adverso invocata, su cui si è già pronunciata sia la Camera dei Deputati che la Corte Costituzionale, finalmente giunti alla fase di merito, il Tribunale di Roma ha ritenuto diffamatorie le dichiarazioni rese dal Dott. Berlusconi in quanto false e gravemente lesive dell’onore e decoro di questi ed ha ritenuto di condannare il Dott. Berlusconi a corrispondere l’importo di € 75.000, 00 a titolo di risarcimento danni (somma pari a oltre il doppio della media delle somme liquidate a titolo di risarcimento) attesa la palese falsità e gravità delle dichiarazioni rese e il mezzo (una trasmissione televisiva con milioni di ascoltatori) con cui sono state divulgate.

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