Anatocismo, la sentenza della Cassazione sui mutui usurai
Questa sentenza, si pone inequivocabilmente a favore di coloro, che avendo sottoscritto un contratto di mutuo usuraio all’origine desiderano far valere i propri diritti.
A tal proposito, ciò che stabilisce la Suprema Corte con la sentenza n. 350 del 09.01.2013 è che se il contratto è viziato all’origine e sfora i parametri massimi di soglia dettati dalla Banca d’Italia, si intendono nulle tutte le clausole che pattuiscono gli interessi, mentre il contratto rimane valido a favore del debitore per la sola quota capitale.
In buona sostanza, con la citata sentenza, gli Ermellini ha qualificato come usurari gli interessi dovuti dal privato in maggiorazione ad interessi moratori già determinati, qualora gli stessi superano il limite stabilito dalla legge in materia.
Nel caso di specie, sottoposto all’attenzione dei Giudici di Legittimità, la banca mutuante è stata convenuta in giudizio in quanto, ad avviso della parte attrice, già parte mutuataria, il tasso applicato al contratto di mutuo con garanzia ipotecaria, stipulato il 19.9.1996, per l’acquisto della propria casa era da considerare usurario.
Considerato che il D.M. 27 marzo 1998, emesso dal Ministero del Tesoro, prevedeva per la categoria dei mutui il tasso dell’8.29%, il ricorrente aveva dedotto che l’interesse pattuito (inizialmente fisso e poi variabile) era del 10.5% e, pertanto, in contrasto con quanto previsto nel D.M. sopra richiamato, e sarebbe usurario a norma della legge n. 108 del 1996, art. 1, comma 4.
A tal proposito, ricordano i Giudici di Legittimità che i tassi sono qualificabili come usurari nel caso in cui, a qualunque titolo, superino il limite stabilito dalla legge, e ciò secondo quanto stabilito dall’art. 1 del Decreto Legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura. GU n.303 del 30 dicembre 2000, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2001, n. 24. G.U. 28 febbraio 2001, n.49).
L’art. 1 del Decreto Legge 29 dicembre 2000, n. 394, a tal proposito, evidenzia che il momento rilevante è quello nel quale gli interessi sono promessi o convenuti.
La norma da ultimo richiamata stabilisce espressamente: “Ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.”.
In breve, la Corte di Cassazione, con la sentenza del 9 gennaio 2013 n. 350, ha sancito due principi importanti e nuovi a favore dei risparmiatori: 1) i mutui con tassi usurai possono essere annullati interamente; 2) il calcolo del tasso di usura si fa sommando tutte le somme addebitate dalla banca e non solo guardando agli interessi pattuiti per contratto.
Pertanto, se le penali, le commissioni, gli interessi di mora, le spese comunque denominate ecc., sommate al tasso degli interessi, sconfinino oltre le determinazioni stabilite dal Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze vigente, il mutuo è invalido.
Da un punto di vista pratico le conseguenze derivanti dai due principi enunciati nella sentenza in commento sono che: il consumatore non dovrà pagare neppure un euro di interessi e conseguentemente dovranno essergli restituiti, dalla Banca, tutti quelli già versati.
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Questa sentenza, si pone inequivocabilmente a favore di coloro, che avendo sottoscritto un contratto di mutuo usuraio all’origine desiderano far valere i propri diritti.
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In buona sostanza, con la citata sentenza, gli Ermellini ha qualificato come usurari gli interessi dovuti dal privato in maggiorazione ad interessi moratori già determinati, qualora gli stessi superano il limite stabilito dalla legge in materia.
Nel caso di specie, sottoposto all’attenzione dei Giudici di Legittimità, la banca mutuante è stata convenuta in giudizio in quanto, ad avviso della parte attrice, già parte mutuataria, il tasso applicato al contratto di mutuo con garanzia ipotecaria, stipulato il 19.9.1996, per l’acquisto della propria casa era da considerare usurario.
Considerato che il D.M. 27 marzo 1998, emesso dal Ministero del Tesoro, prevedeva per la categoria dei mutui il tasso dell’8.29%, il ricorrente aveva dedotto che l’interesse pattuito (inizialmente fisso e poi variabile) era del 10.5% e, pertanto, in contrasto con quanto previsto nel D.M. sopra richiamato, e sarebbe usurario a norma della legge n. 108 del 1996, art. 1, comma 4.
A tal proposito, ricordano i Giudici di Legittimità che i tassi sono qualificabili come usurari nel caso in cui, a qualunque titolo, superino il limite stabilito dalla legge, e ciò secondo quanto stabilito dall’art. 1 del Decreto Legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura. GU n.303 del 30 dicembre 2000, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2001, n. 24. G.U. 28 febbraio 2001, n.49).
L’art. 1 del Decreto Legge 29 dicembre 2000, n. 394, a tal proposito, evidenzia che il momento rilevante è quello nel quale gli interessi sono promessi o convenuti.
La norma da ultimo richiamata stabilisce espressamente: “Ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.”.
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