Assegno “una tantum” al coniuge, la possibilità di deduzione dal reddito IRPEF

Con sentenza n. 29178 del 2019 la Corte di Cassazione si è soffermata sulla deducibilità dell’assegno di mantenimento.

La vicenda prende avvio da un ricorso di un contribuente contro l’avviso con il quale l’Ufficio aveva accertato, ai fini Irpef, per l’anno d’imposta 2001, il maggior reddito imponibile derivante dal recupero a tassazione dell’onere relativo al versamento, una tantum, effettuato dal contribuente alla moglie, di Euro 67.000,00, in ottemperanza ad atto di transazione stipulato tra le parti nel corso della loro causa di separazione giudiziale tra coniugi.

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano aveva accolto il ricorso.

La relativa pronuncia veniva confermata anche dalla Commissione di appello.

L’Agenzia delle Entrate proponeva, quindi, ricorso in Cassazione affidandosi a due motivi lamentando, in sintesi, l’indeducibilità, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 10, comma 1, lett. c), del predetto componente positivo dal reddito imponibile del contribuente erogante, per difetto del carattere della periodicità dell’attribuzione patrimoniale, oltre che per la mancata previsione del relativo titolo in un provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Gli Ermellini ritengono fondato il ricorso avendo già chiarito più volte in passato che, in tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, il D.P.R. n. 597 del 1973, art. 10, comma 1, lett. g), (al pari del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c)) limita la deducibilità, ai fini dell’applicazione dell’IRPEF, solo all’assegno periodico – e non anche a quello corrisposto in unica soluzione – al coniuge, in conseguenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risulta da provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Tale differente trattamento – come affermato dalla Corte costituzionale nella ordinanza n. 383 del 2001 – è riconducibile alla discrezionalità legislativa la quale, riguardando due forme di adempimento tra loro diverse, una soggetta alle variazioni temporali e alla successione delle leggi, l’altra capace di definire ogni rapporto senza ulteriori vincoli per il debitore, non risulta nè irragionevole, nè in contrasto con il principio di capacità contributiva (Cass., 22/11/2002, n. 16462. Nello stesso senso Cass., 06/11/2006, n. 23659; Corte Cost., 29/3/2007,n. 113).

Ed è stato, successivamente, ulteriormente precisato che, in tema d’IRPEF ed ILOR, il D.P.R. n. 597 del 1973, art. 10, (oggi confluito nel D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10) non consente la deducibilità dal reddito dell’assegno corrisposto in un’unica soluzione, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 8, all’ex coniuge, come affermato dalla Corte Cost. nelle ordinanze n. 383 del 2001 e n. 113 del 2007, non solo perché si tratta di norma agevolativa, non suscettibile di estensione, ma anche perché l’assegno periodico e l’attribuzione “una tantum” (pure se rateizzata) costituiscono forme di adempimento dell’obbligo a carico del divorziato differenti per natura giuridica, struttura e finalità (Cass., 30/05/2016, n. 11183. Cfr. altresì, riguardo all’ontologica diversità funzionale dell’assegno divorzile corrisposto in unica soluzione, ai fini della del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, Cass., S.U., 24/09/2018, n. 22434).

Per questi motivi la Corte ha accolto il ricorso.

Avv. Gavril Zaccaria