Diritto civile
Published On: 14 Marzo 2015Categories: Articoli, Diritto civileBy

Vizi d'opera: il diritto a ricevere il corrispettivo del prestatore

Con sentenza n. 4908/2015, la Corte Suprema si è trovata a dover accertare se un prestatore d’opera avesse diritto al pagamento delle proprie spettanze a fronte della denuncia del committente per l’esistenza di vizi dell’opera eseguita.

La vicenda scaturisce da decreto ingiuntivo con cui veniva intimato al committente il pagamento residuo del corrispettivo per la realizzazione e posa in opera di tendaggi. Il committente si opponeva al suddetto decreto evidenziando che il lavoro presentava dei vizi (calata imperfetta delle tende), riconosciuti dal prestatore d’opera, chiedendo la revoca del decreto e, in riconvenzionale, la risoluzione del rapporto per grave inadempimento oltre al risarcimento dei danni

Il prestatore d’opera sollevava preliminarmente la decadenza del committente dal diritto di eccepire vizi e difformità dell’opera ex art. 2226 c.c. nonché sosteneva che il lavoro era stato eseguito a regola d’arte. Il Tribunale accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo; in accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiarava il contratto risolto per colpa del prestatore d’opera.

Al contrario la Corte di Appello riformava la sentenza di primo grado confermando il decreto ingiuntivo in quanto il vizio non era stato denunciato nei termini ai sensi dell’art. 2226 primo comma c.c..

Il Committente si rivolgeva quindi alla Corte di Cassazione lamentandosi sostanzialmente che il Giudice d’Appello non avesse considerato la circostanza per la quale il vizio era stato riconosciuto dal prestatore d’opera che infatti si era recato in loco per effettuare i lavori riparatori.

Secondo la Corte di Cassazione la doglianza del ricorrente è fondata. Gli Ermellini arrivano a tale conclusione partendo dalla considerazione che al rapporto di prestazione d’opera trovano applicazioni le norme relative alla denuncia dei vizi e alle garanzie ivi previste in tema di appalto. Allorché, infatti, il prestatore d’opera eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia di cui all’art. 2226 c.c. per i vizi dell’opera, incombe sul committente l’onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell’azione (Cass. 25-6-2012 n. 10579; Cass. 23-10-1997 n. 10412).

La Corte Suprema rileva però come nel caso di specie il vizio relativo alla “calata imperfetta delle tende” era stato riconosciuto dal prestatore d’opera che addirittura aveva provveduto ad interventi riparatori sicchè la denuncia per i vizi non era più necessaria (Cass. 8-3-2006 n. 4925; Cass. 30-5-1984 n. 3306).

Del resto il riconoscimento dei vizi e delle difformità dell’opera da parte del prestatore d’opera non deve accompagnarsi alla confessione giudiziale o stragiudiziale della sua responsabilità, non richiede neppure formule sacramentali e può esprimersi anche in forma tacita o manifestarsi per facta concludentia.

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Vizi d'opera: il diritto a ricevere il corrispettivo del prestatore

Con sentenza n. 4908/2015, la Corte Suprema si è trovata a dover accertare se un prestatore d’opera avesse diritto al pagamento delle proprie spettanze a fronte della denuncia del committente per l’esistenza di vizi dell’opera eseguita.

La vicenda scaturisce da decreto ingiuntivo con cui veniva intimato al committente il pagamento residuo del corrispettivo per la realizzazione e posa in opera di tendaggi. Il committente si opponeva al suddetto decreto evidenziando che il lavoro presentava dei vizi (calata imperfetta delle tende), riconosciuti dal prestatore d’opera, chiedendo la revoca del decreto e, in riconvenzionale, la risoluzione del rapporto per grave inadempimento oltre al risarcimento dei danni

Il prestatore d’opera sollevava preliminarmente la decadenza del committente dal diritto di eccepire vizi e difformità dell’opera ex art. 2226 c.c. nonché sosteneva che il lavoro era stato eseguito a regola d’arte. Il Tribunale accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo; in accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiarava il contratto risolto per colpa del prestatore d’opera.

Al contrario la Corte di Appello riformava la sentenza di primo grado confermando il decreto ingiuntivo in quanto il vizio non era stato denunciato nei termini ai sensi dell’art. 2226 primo comma c.c..

Il Committente si rivolgeva quindi alla Corte di Cassazione lamentandosi sostanzialmente che il Giudice d’Appello non avesse considerato la circostanza per la quale il vizio era stato riconosciuto dal prestatore d’opera che infatti si era recato in loco per effettuare i lavori riparatori.

Secondo la Corte di Cassazione la doglianza del ricorrente è fondata. Gli Ermellini arrivano a tale conclusione partendo dalla considerazione che al rapporto di prestazione d’opera trovano applicazioni le norme relative alla denuncia dei vizi e alle garanzie ivi previste in tema di appalto. Allorché, infatti, il prestatore d’opera eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia di cui all’art. 2226 c.c. per i vizi dell’opera, incombe sul committente l’onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell’azione (Cass. 25-6-2012 n. 10579; Cass. 23-10-1997 n. 10412).

La Corte Suprema rileva però come nel caso di specie il vizio relativo alla “calata imperfetta delle tende” era stato riconosciuto dal prestatore d’opera che addirittura aveva provveduto ad interventi riparatori sicchè la denuncia per i vizi non era più necessaria (Cass. 8-3-2006 n. 4925; Cass. 30-5-1984 n. 3306).

Del resto il riconoscimento dei vizi e delle difformità dell’opera da parte del prestatore d’opera non deve accompagnarsi alla confessione giudiziale o stragiudiziale della sua responsabilità, non richiede neppure formule sacramentali e può esprimersi anche in forma tacita o manifestarsi per facta concludentia.

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