Diritto civile
Published On: 5 Marzo 2015Categories: Articoli, Diritto civileBy

Spese processuali, i criteri per la liquidazione da parte del Giudice

Con sentenza n. 4256/2015 la Corte di Cassazione si è trovata a dover valutare la correttezza o meno della liquidazione delle spese processuali eseguita dal Tribunale a carico di un cittadino, soccombente in grado di appello, in favore dell’Amministrazione per l’impugnazione di un verbale di accertamento di violazione al Codice della Strada.

Il ricorrente si lamenta in particolare della errata liquidazione delle spese processuali relative al primo grado svoltosi dinanzi il Giudice di Pace giacché il Tribunale avrebbe omesso di applicare l’art. 91 u.c. c.p.c. laddove si prevede che le spese processuali dinanzi il Giudice di Pace non posso essere liquidate in misura maggiore del valore della domanda e, nel caso di specie, in misura superiore ad € 89, 00 (pari all’importo della sanzione irrogata con il verbale di contestazione).

Secondo la Cassazione il motivo è infondato in quanto il limite del valore della domanda, sancito dall’ultimo comma comma dell’art. 91 c.p.c.., trova applicazione solo nelle controversie devolute alla giurisdizione equitativa del giudice di pace e non nelle controversie di cui alla Legge 689/1981, nelle quali la decisione avviene secondo diritto (Cass. n. 9556/2014).

Il ricorrente si lamenta, altresì, della circostanza che il Tribunale avrebbe liquidato le spese di entrambi i gradi di giudizio in misura superiore ai massimi tariffari vigenti all’epoca della pronuncia della sentenza.

Secondo la Cassazione il motivo appare fondato sulla scorta del principio più volte affermato secondo cui: “il giudice del merito non è tenuto a motivare circa la “diminuzione o riduzione di voci” tariffarie tutte le volte, e per il solo fatto, che liquidi i diritti e/o gli onorari di avvocato in somme inferiori a quelle domandate nella notula, fermo il dovere di non determinarli in misura inferiore ai limiti minimi (o superiore a quelli massimi) indicati nelle tabelle in relazione al valore della controversia” (Cass. n. 22347/2007; Cass. n. 21010/2010).

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Con sentenza n. 4256/2015 la Corte di Cassazione si è trovata a dover valutare la correttezza o meno della liquidazione delle spese processuali eseguita dal Tribunale a carico di un cittadino, soccombente in grado di appello, in favore dell’Amministrazione per l’impugnazione di un verbale di accertamento di violazione al Codice della Strada.

Il ricorrente si lamenta in particolare della errata liquidazione delle spese processuali relative al primo grado svoltosi dinanzi il Giudice di Pace giacché il Tribunale avrebbe omesso di applicare l’art. 91 u.c. c.p.c. laddove si prevede che le spese processuali dinanzi il Giudice di Pace non posso essere liquidate in misura maggiore del valore della domanda e, nel caso di specie, in misura superiore ad € 89, 00 (pari all’importo della sanzione irrogata con il verbale di contestazione).

Secondo la Cassazione il motivo è infondato in quanto il limite del valore della domanda, sancito dall’ultimo comma comma dell’art. 91 c.p.c.., trova applicazione solo nelle controversie devolute alla giurisdizione equitativa del giudice di pace e non nelle controversie di cui alla Legge 689/1981, nelle quali la decisione avviene secondo diritto (Cass. n. 9556/2014).

Il ricorrente si lamenta, altresì, della circostanza che il Tribunale avrebbe liquidato le spese di entrambi i gradi di giudizio in misura superiore ai massimi tariffari vigenti all’epoca della pronuncia della sentenza.

Secondo la Cassazione il motivo appare fondato sulla scorta del principio più volte affermato secondo cui: “il giudice del merito non è tenuto a motivare circa la “diminuzione o riduzione di voci” tariffarie tutte le volte, e per il solo fatto, che liquidi i diritti e/o gli onorari di avvocato in somme inferiori a quelle domandate nella notula, fermo il dovere di non determinarli in misura inferiore ai limiti minimi (o superiore a quelli massimi) indicati nelle tabelle in relazione al valore della controversia” (Cass. n. 22347/2007; Cass. n. 21010/2010).

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