Processo penale a sindaco: paga lui o il Comune?
Con sentenza n. 5264/2015, la Corte Suprema si è trovata a dover accertare se un consigliere, assessore e poi sindaco ha diritto ad essere manlevato dal Comune dalle spese legali sopportate per la propria difesa in un procedimento penale, concluso con assoluzione con formula piena, riguardante una vicenda correlata al suo ruolo di amministratore pubblico.
Il ricorrente chiede alla Corte se gli artt. 16 del d.P.R. 1 giugno 1979 n. 191 e 67 d.P.R. 15 maggio 1987 n. 268, successivamente abrogati dal d.l. 9 febbraio 2012 n. 5, conv. in legge 4 aprile 2012 n. 35 che pongono a carico degli enti locali l’onere delle spese per la difesa dei propri dipendenti nei procedimenti civili e penali “per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio… a condizione che non sussista conflitto di interessi“, siano applicabili anche ai consiglieri, gli assessori comunali nonché ai sindaci.
Secondo gli Ermellini: “il diritto al rimborso delle spese legali relative ai giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa a carico di dipendenti di amministrazioni statali o di enti locali per fatti connessi all’espletamento del servizio o comunque all’assolvimento di obblighi istituzionali, conclusi con l’accertamento dell’esclusione della loro responsabilità, non può trovare applicazione in capo all’assessore comunale, né al consigliere comunale o al sindaco, non essendo configurabile tra costoro (i quali operano nell’amministrazione pubblica ad altro titolo) e l’ente un rapporto di lavoro dipendente, non potendo estendersi nei loro confronti la tutela prevista per i dipendenti, né trovare applicazione la disciplina privatistica in tema di mandato” (Cass. n. 25690/2011 e Cass. n. 20193/2014).
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Con sentenza n. 5264/2015, la Corte Suprema si è trovata a dover accertare se un consigliere, assessore e poi sindaco ha diritto ad essere manlevato dal Comune dalle spese legali sopportate per la propria difesa in un procedimento penale, concluso con assoluzione con formula piena, riguardante una vicenda correlata al suo ruolo di amministratore pubblico.
Il ricorrente chiede alla Corte se gli artt. 16 del d.P.R. 1 giugno 1979 n. 191 e 67 d.P.R. 15 maggio 1987 n. 268, successivamente abrogati dal d.l. 9 febbraio 2012 n. 5, conv. in legge 4 aprile 2012 n. 35 che pongono a carico degli enti locali l’onere delle spese per la difesa dei propri dipendenti nei procedimenti civili e penali “per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio… a condizione che non sussista conflitto di interessi“, siano applicabili anche ai consiglieri, gli assessori comunali nonché ai sindaci.
Secondo gli Ermellini: “il diritto al rimborso delle spese legali relative ai giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa a carico di dipendenti di amministrazioni statali o di enti locali per fatti connessi all’espletamento del servizio o comunque all’assolvimento di obblighi istituzionali, conclusi con l’accertamento dell’esclusione della loro responsabilità, non può trovare applicazione in capo all’assessore comunale, né al consigliere comunale o al sindaco, non essendo configurabile tra costoro (i quali operano nell’amministrazione pubblica ad altro titolo) e l’ente un rapporto di lavoro dipendente, non potendo estendersi nei loro confronti la tutela prevista per i dipendenti, né trovare applicazione la disciplina privatistica in tema di mandato” (Cass. n. 25690/2011 e Cass. n. 20193/2014).
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