Prelievo a scopo terapeutico senza consenso: è utilizzabile in giudizio
Nel caso in cui si verifichi un incidente stradale e il conducente dell’autovettura venga trasportato in una struttura sanitaria per effettuare degli accertamenti medici, il prelievo del sangue, con conseguente accertamento del tasso alcolemico, eseguito senza il consenso, è utilizzabile in un eventuale giudizio per l’affermazione della sua responsabilità penale.
Questo è quanto è statuito dalla pronuncia della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 4475 del 2016.
Il ricorrente, condannato per il reato di guida in stato di ebbrezza alcoolica, per aver provocato un’incidente stradale, ha proposto ricorso avverso la sentenza adducendo tra i vari motivi prospettati quello di vizio di motivazione sulla prova del consenso dell’imputato al prelievo ematico. In particolare è stato evidenziato, dalla difesa, che il prelievo effettuato senza il consenso espresso dell’imputato e non per scopi prettamente terapeutici, non è da considerarsi utilizzabile come prova in un giudizio di accertamento della responsabilità penale.
La Corte ha voluto effettuare un distinguo.
Il caso in cui il conducente, che abbia provocato l’incidente o sia rimasto coinvolto, viene portato in una struttura sanitaria, dove il personale medico effettua il prelievo sulla base di un protocollo di pronto soccorso, non già quindi con il fine ultimo di raccogliere una prova utilizzabile poi nel giudizio penale. In detto caso, la Corte, considera il prelievo eseguito pienamente utilizzabile per l’accertamento dell’integrazione del relativo delitto, a nulla rilevando il consenso, o la sua mancanza, dell’imputato.
Al contrario, il dissenso dell’imputato è considerato rilevante, e quindi diretto a rendere inutilizzabile la prova in giudizio, solamente nel caso in cui il prelievo sia stato richiesto, nella struttura sanitaria, dalla Polizia Giudiziaria, unicamente con lo scopo di accertare il tasso alcolemico presente nel sangue del reo, e non quindi per accertamenti medici necessari.
Per meglio comprendere: nel caso in cui il personale medico abbia ritenuto non necessario il prelievo ematico, ma la Polizia Giudiziaria lo abbia, invece, richiesto e l’imputato abbia manifestato vivamente il proprio dissenso, la relativa prova ottenuta è da considerarsi pienamente inutilizzabile ai fini dell’accertamento della responsabilità penale di questo.
La Corte ha altresì ritenuto che la mancanza di dissenso espresso, è da considerarsi equivalente al consenso espresso del soggetto imputato.
Pertanto, nel caso di specie, poiché l’imputato, prontamente avvisato della possibilità di essere sottoposto a prelievo per accertare il suo tasso alcolemico e di poter farsi assistere da un difensore di fiducia, non ha manifestato alcun dissenso esplicito, il ricorso è stato rigettato dalla Corte.
Prelievo a scopo terapeutico senza consenso: è utilizzabile in giudizio
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Questo è quanto è statuito dalla pronuncia della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 4475 del 2016.
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La Corte ha voluto effettuare un distinguo.
Il caso in cui il conducente, che abbia provocato l’incidente o sia rimasto coinvolto, viene portato in una struttura sanitaria, dove il personale medico effettua il prelievo sulla base di un protocollo di pronto soccorso, non già quindi con il fine ultimo di raccogliere una prova utilizzabile poi nel giudizio penale. In detto caso, la Corte, considera il prelievo eseguito pienamente utilizzabile per l’accertamento dell’integrazione del relativo delitto, a nulla rilevando il consenso, o la sua mancanza, dell’imputato.
Al contrario, il dissenso dell’imputato è considerato rilevante, e quindi diretto a rendere inutilizzabile la prova in giudizio, solamente nel caso in cui il prelievo sia stato richiesto, nella struttura sanitaria, dalla Polizia Giudiziaria, unicamente con lo scopo di accertare il tasso alcolemico presente nel sangue del reo, e non quindi per accertamenti medici necessari.
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