Published On: 15 Aprile 2016Categories: Articoli, Diritto civile, Gabriella PiroBy

Pignorabilità stipendi: la nuova pronuncia della Consulta

Con ordinanza n. 70/2016, depositata in data 5.04.2016, la Corte Costituzionale è tornata a pronunciarsi sulla legittimità del limite di pignorabilità degli stipendi di cui all’art. 545 del c.p.c.. In particolar modo era stata sollevata dal Tribunale di Viterbo questione di legittimità costituzionale del quarto comma del suddetto articolo, per violazione degli artt. 1, 2, 3, 4 e 36 della Costituzione, nella parte in cui non era prevista l’impignorabilità assoluta di quella parte di retribuzione necessaria a garantire il cd. “minimo vitale”.

Nel dichiarare manifestamente inammissibile la questione sollevata, la Corte ha richiamato le argomentazioni già svolte in precedenza con la sentenza n. 248/2015.

Si osserva infatti: “..lo scopo dell’art. 545 c.p.c. è quello di contemperare la protezione del credito con l’esigenza del lavoratore di avere, attraverso una retribuzione congrua, un’esistenza libera e dignitosa. La facoltà di escutere il debitore non può essere sacrificata totalmente, anche se la privazione di una parte del salario è un sacrificio che può essere molto gravoso per il lavoratore scarsamente retribuito. Con l’art. 545 c.p.c. il legislatore si è dato carico di contemperare i contrapposti interessi contenendo in limiti angusti la somma pignorabile”, anche modulando l’entità della somma da pignorare in base all’ammontare dello stipendio.

Tali determinazioni, tra l’altro, rientrano nel potere insindacabile del legislatore e trovano la propria ragione nel doveroso bilanciamento da effettuare tra le ragioni del credito e di quelle del percettore di reddito da lavoro.

Dott.ssa Gabriella Piro

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Pignorabilità stipendi: la nuova pronuncia della Consulta

Con ordinanza n. 70/2016, depositata in data 5.04.2016, la Corte Costituzionale è tornata a pronunciarsi sulla legittimità del limite di pignorabilità degli stipendi di cui all’art. 545 del c.p.c.. In particolar modo era stata sollevata dal Tribunale di Viterbo questione di legittimità costituzionale del quarto comma del suddetto articolo, per violazione degli artt. 1, 2, 3, 4 e 36 della Costituzione, nella parte in cui non era prevista l’impignorabilità assoluta di quella parte di retribuzione necessaria a garantire il cd. “minimo vitale”.

Nel dichiarare manifestamente inammissibile la questione sollevata, la Corte ha richiamato le argomentazioni già svolte in precedenza con la sentenza n. 248/2015.

Si osserva infatti: “..lo scopo dell’art. 545 c.p.c. è quello di contemperare la protezione del credito con l’esigenza del lavoratore di avere, attraverso una retribuzione congrua, un’esistenza libera e dignitosa. La facoltà di escutere il debitore non può essere sacrificata totalmente, anche se la privazione di una parte del salario è un sacrificio che può essere molto gravoso per il lavoratore scarsamente retribuito. Con l’art. 545 c.p.c. il legislatore si è dato carico di contemperare i contrapposti interessi contenendo in limiti angusti la somma pignorabile”, anche modulando l’entità della somma da pignorare in base all’ammontare dello stipendio.

Tali determinazioni, tra l’altro, rientrano nel potere insindacabile del legislatore e trovano la propria ragione nel doveroso bilanciamento da effettuare tra le ragioni del credito e di quelle del percettore di reddito da lavoro.

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