
Parcelle avvocato, i compensi vanno giustificati?
Con sentenza n. 9237/2015, la Corte Suprema si è trovata a dover dirimere la controversia insorta tra un legale e il suo cliente in merito al diritto ai compensi. Il Cliente, tra gli altri, lamenta che il professionista abbia calcolato i suoi compensi oltre il minimo e che non abbia giustificato le relative ragioni.
Secondo la Cassazione le contestazioni del ricorrente sono prive di ragioni. Ricorda, infatti, la Suprema Corte che, in tema di liquidazione del compenso per l’esercizio della professione forense, è il cliente che deve fornire la prova che l’avvocato abbia svolto l’attività difensionale affidatagli con imperizia o comunque con impegno inferiore alla comune diligenza, altrimenti le singole voci ben possono essere liquidate al di sopra del minimo tariffario. Solo se chieda compensi al di sopra del massimo previsti, il professionista deve fornire, a norma dell’articolo 2697 c.c., la prova degli elementi costitutivi del diritto fatto valere, cioè delle circostanze che nel caso concreto giustifichino detto maggiore compenso, restando in difetto applicabile la tariffa nell’ambito dei parametri previsti (Cass. 22-10-2007 n. 22087).

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Secondo la Cassazione le contestazioni del ricorrente sono prive di ragioni. Ricorda, infatti, la Suprema Corte che, in tema di liquidazione del compenso per l’esercizio della professione forense, è il cliente che deve fornire la prova che l’avvocato abbia svolto l’attività difensionale affidatagli con imperizia o comunque con impegno inferiore alla comune diligenza, altrimenti le singole voci ben possono essere liquidate al di sopra del minimo tariffario. Solo se chieda compensi al di sopra del massimo previsti, il professionista deve fornire, a norma dell’articolo 2697 c.c., la prova degli elementi costitutivi del diritto fatto valere, cioè delle circostanze che nel caso concreto giustifichino detto maggiore compenso, restando in difetto applicabile la tariffa nell’ambito dei parametri previsti (Cass. 22-10-2007 n. 22087).
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