Published On: 24 Settembre 2016Categories: Articoli, Diritto civile, Marco ContiBy

Omesso versamento Iva, necessaria la dichiarazione del contribuente

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 38487 depositata in data 16 settembre 2016 ha statuito il seguente principio di diritto: “Il reato previsto dall’art. 10 ter, del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, presuppone che il debito IVA risulti dalla dichiarazione del contribuente, e in assenza di dichiarazione il reato configurabile è quello dell’art. 5, del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74”.

Nel caso di specie l’imputato veniva condannato in primo grado dal Tribunale di Campobasso poiché, in qualità di rappresentante legale di una società, aveva omesso di versare l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine fissato per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, configurando così, secondo il giudice di primo grado, i reati di cui agli artt. 8, 10 del decreto legislativo n. 74 del 2000.

La Corte d’Appello riformava parzialmente il provvedimento emesso dal giudice di prime cure: assolveva infatti l’imputato per quanto concerne l’emissione di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti e attenuava la condanna inflitta allo stesso per l’omesso versamento dell’IVA contestato.

Ricorreva in Cassazione il rappresentante legale della società, sostenendo, nel ricorso presentato, come la sua condotta non integrasse i presupposti sottesi alla norma la cui violazione gli veniva contestata. L’art. 10 ter della Legge sui reati tributari punisce, infatti, l’omissione del pagamento dell’imposta dovuta, quando questa derivi dalla dichiarazione annuale regolarmente presentata e quando questa superi, inoltre, una soglia stabilita dalla norma stessa (euro 250.000 per ciascun periodo d’imposta).

La Suprema Corte riteneva fondato il ricorso proposto dall’imputato, in quanto chiara risultava essere la mancanza dei presupposti di cui sopra, indefettibili al fine della configurazione del reato contestato al ricorrente: in primis risultava assolutamente mancante la dichiarazione annuale da parte del rappresentante legale della società, in secundis l’omesso versamento si attestava ad una cifra inferiore di quella stabilita dall’art. 10 ter del d.lgs. n.74 del 2000.

In conclusione, la Suprema Corte accoglieva il ricorso presentato dall’imputato e per tal motivo annullava senza rinvio la sentenza impugnata.

Dott. Marco Conti

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Omesso versamento Iva, necessaria la dichiarazione del contribuente

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 38487 depositata in data 16 settembre 2016 ha statuito il seguente principio di diritto: “Il reato previsto dall’art. 10 ter, del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, presuppone che il debito IVA risulti dalla dichiarazione del contribuente, e in assenza di dichiarazione il reato configurabile è quello dell’art. 5, del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74”.

Nel caso di specie l’imputato veniva condannato in primo grado dal Tribunale di Campobasso poiché, in qualità di rappresentante legale di una società, aveva omesso di versare l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine fissato per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, configurando così, secondo il giudice di primo grado, i reati di cui agli artt. 8, 10 del decreto legislativo n. 74 del 2000.

La Corte d’Appello riformava parzialmente il provvedimento emesso dal giudice di prime cure: assolveva infatti l’imputato per quanto concerne l’emissione di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti e attenuava la condanna inflitta allo stesso per l’omesso versamento dell’IVA contestato.

Ricorreva in Cassazione il rappresentante legale della società, sostenendo, nel ricorso presentato, come la sua condotta non integrasse i presupposti sottesi alla norma la cui violazione gli veniva contestata. L’art. 10 ter della Legge sui reati tributari punisce, infatti, l’omissione del pagamento dell’imposta dovuta, quando questa derivi dalla dichiarazione annuale regolarmente presentata e quando questa superi, inoltre, una soglia stabilita dalla norma stessa (euro 250.000 per ciascun periodo d’imposta).

La Suprema Corte riteneva fondato il ricorso proposto dall’imputato, in quanto chiara risultava essere la mancanza dei presupposti di cui sopra, indefettibili al fine della configurazione del reato contestato al ricorrente: in primis risultava assolutamente mancante la dichiarazione annuale da parte del rappresentante legale della società, in secundis l’omesso versamento si attestava ad una cifra inferiore di quella stabilita dall’art. 10 ter del d.lgs. n.74 del 2000.

In conclusione, la Suprema Corte accoglieva il ricorso presentato dall’imputato e per tal motivo annullava senza rinvio la sentenza impugnata.

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