La domanda di equa riparazione ex Legge n. 89/2001 (Legge Pinto)
Ove il soggetto che sia stato parte di un giudizio abbia subito delle conseguenze sfavorevoli derivanti dall’eccessiva durata del procedimento, potrà richiedere un indennizzo per come previsto dalla Legge n. 89/2001, così come modificata dal D.L. 83/2012, convertito in Legge n. 134/2012, in ossequio al disposto dell’art. 6, par. 1, della CEDU (introdotta in Italia con Legge di ratifica n. 848/1955) secondo la formula che segue:
Non senza segnalare che:
- La Domanda di equa riparazione va proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva (art. 4 L. 89/2001, così come modif. dal D.L. 83/2012, conv., con modif., dalla L. 134/2012) con ricorso dinanzi al Presidente della Corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente per il giudizio nel cui ambito si è compiuta la violazione.
- Il procedimento si articola in due fasi: la prima senza contraddittorio a cognizione sommaria; la seconda, eventuale, di opposizione.
- Nell’accertare la violazione il giudice adito deve valutare: la complessità del caso; l’oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento in cui si è verificata la presunta violazione.
- Si considera ragionevole una durata del procedimento che non ecceda il termine di: 3 anni in un giudizio di I grado; 2 anni in un giudizio di II grado; 1 anno in un giudizio di Cassazione.
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Non senza segnalare che:
- La Domanda di equa riparazione va proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva (art. 4 L. 89/2001, così come modif. dal D.L. 83/2012, conv., con modif., dalla L. 134/2012) con ricorso dinanzi al Presidente della Corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente per il giudizio nel cui ambito si è compiuta la violazione.
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