Diritto fallimentare
Published On: 27 Febbraio 2015Categories: Articoli, Diritto fallimentareBy

Impresa non versa sistematicamente Iva? Può fallire anche se termine non scaduto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2824 del 12 febbraio 2015, ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero sostenendo che un’impresa che sistematicamente non versa l’I.V.A., può esser dichiarata fallita anche senza attendere il versamento dell’acconto di dicembre.

L’impresa dichiarata fallita svolgeva attività di commercio autoveicoli, infatti prima acquistava da fornitori intracomunitari in regime di non imponibilità dell’imposta sul valore aggiunto e successivamente rivendeva in Italia ad un prezzo maggiorato comprensivo di IVA: l’imposta veniva regolarmente indicata nelle fatture ed annotata nei relativi registri ma non veniva mensilmente versata.

Secondo la Suprema Corte, l’impresa ha evaso l’I.V.A. in modo intenzionale e sistematico, in quanto a norma dell’art.6 del d.p.r. n. 633/1972, integrato con gli artt. 38 e 39 d.l. n. 331/1993, convertito nella legge n. 427/1993, gli acquisti intracomunitari si considerano compiuti, e quindi dovuta l’imposta, con la consegna del bene nel territorio dello Stato al cessionario o a terzi per suo conto, o in caso di trasporto con mezzi del cessionario, nel momento di arrivo nel luogo di destinazione nel territorio stesso.

Dunque il debito d’imposta sorge nel momento in cui l’operazione imponibile viene effettuata, disponendo il pagamento del suddetto debito entro il giorno 16 del mese o del trimestre successivo.

La Corte di Cassazione ha pertanto accolto il ricorso del Pubblico Ministero e l’impresa è stata dichiarata fallita per aver evaso in modo continuativo e significativo il versamento dell’I.V.A.

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Impresa non versa sistematicamente Iva? Può fallire anche se termine non scaduto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2824 del 12 febbraio 2015, ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero sostenendo che un’impresa che sistematicamente non versa l’I.V.A., può esser dichiarata fallita anche senza attendere il versamento dell’acconto di dicembre.

L’impresa dichiarata fallita svolgeva attività di commercio autoveicoli, infatti prima acquistava da fornitori intracomunitari in regime di non imponibilità dell’imposta sul valore aggiunto e successivamente rivendeva in Italia ad un prezzo maggiorato comprensivo di IVA: l’imposta veniva regolarmente indicata nelle fatture ed annotata nei relativi registri ma non veniva mensilmente versata.

Secondo la Suprema Corte, l’impresa ha evaso l’I.V.A. in modo intenzionale e sistematico, in quanto a norma dell’art.6 del d.p.r. n. 633/1972, integrato con gli artt. 38 e 39 d.l. n. 331/1993, convertito nella legge n. 427/1993, gli acquisti intracomunitari si considerano compiuti, e quindi dovuta l’imposta, con la consegna del bene nel territorio dello Stato al cessionario o a terzi per suo conto, o in caso di trasporto con mezzi del cessionario, nel momento di arrivo nel luogo di destinazione nel territorio stesso.

Dunque il debito d’imposta sorge nel momento in cui l’operazione imponibile viene effettuata, disponendo il pagamento del suddetto debito entro il giorno 16 del mese o del trimestre successivo.

La Corte di Cassazione ha pertanto accolto il ricorso del Pubblico Ministero e l’impresa è stata dichiarata fallita per aver evaso in modo continuativo e significativo il versamento dell’I.V.A.

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