
Immissione sul mercato di prodotti pericolosi: è sufficiente la mera detenzione
Con sentenza n. 45635/2015 dalla Terza Sezione Penale, la Corte di Cassazione ha ribadito la configurabilità del reato di cui all’art. 112 d.lgs. 206/2005, relativo all’immissione sul mercato di prodotti pericolosi, non soltanto con riferimento alla vendita degli stessi ma anche nel caso in cui vi sia la «detenzione in concreta disponibilità della clientela interessata». In base a quanto previsto dalla disciplina dell’Unione Europea infatti, la condotta illecita consistente nell’immissione sul mercato, si realizza quando il prodotto fuoriesce dalla fase di fabbricazione, al fine di essere distribuito sul mercato comunitario.
Nel caso di specie, il ricorrente asseriva che la messa in vendita dei prodotti tra quelli ritenuti pericolosi dal decreto ministeriale, fosse addebitabile esclusivamente al soggetto che li avesse immessi sul mercato, costituendo invece per gli operatori incaricati della distribuzione, un mero post factum non punibile. Tale motivo di ricorso è stato rigettato dalla Suprema Corte, in quanto ai fini della configurabilità del reato è sufficiente la sola detenzione del prodotto pericoloso, pertanto gravante in capo ad ogni operatore professionale intervenuto in qualsiasi fase della commercializzazione.

Immissione sul mercato di prodotti pericolosi: è sufficiente la mera detenzione
Con sentenza n. 45635/2015 dalla Terza Sezione Penale, la Corte di Cassazione ha ribadito la configurabilità del reato di cui all’art. 112 d.lgs. 206/2005, relativo all’immissione sul mercato di prodotti pericolosi, non soltanto con riferimento alla vendita degli stessi ma anche nel caso in cui vi sia la «detenzione in concreta disponibilità della clientela interessata». In base a quanto previsto dalla disciplina dell’Unione Europea infatti, la condotta illecita consistente nell’immissione sul mercato, si realizza quando il prodotto fuoriesce dalla fase di fabbricazione, al fine di essere distribuito sul mercato comunitario.
Nel caso di specie, il ricorrente asseriva che la messa in vendita dei prodotti tra quelli ritenuti pericolosi dal decreto ministeriale, fosse addebitabile esclusivamente al soggetto che li avesse immessi sul mercato, costituendo invece per gli operatori incaricati della distribuzione, un mero post factum non punibile. Tale motivo di ricorso è stato rigettato dalla Suprema Corte, in quanto ai fini della configurabilità del reato è sufficiente la sola detenzione del prodotto pericoloso, pertanto gravante in capo ad ogni operatore professionale intervenuto in qualsiasi fase della commercializzazione.
Recent posts.
La Corte di Cassazione con una recente sentenza del 24 aprile 2025, la n. 10813, approfondisce la questione in merito al fallimento del cessionario prima che venga completato il pagamento di un contratto pendente, così [...]
Tra slancio riformatore e richiami alla politica, il ruolo della Suprema Corte nell’Italia che cambia Un numero senza eguali nel panorama europeo: oltre 80.000 ricorsi l’anno. È questo il carico che ogni anno affronta la [...]
La Corte di Cassazione ha sollevato dubbi sull’ammissibilità del ricorso presentato da Telecom Italia (TIM) per la restituzione di un canone da oltre 1 miliardo di euro, versato anni fa allo Stato per l’uso di [...]
Recent posts.
La Corte di Cassazione con una recente sentenza del 24 aprile 2025, la n. 10813, approfondisce la questione in merito al fallimento del cessionario prima che venga completato il pagamento di un contratto pendente, così [...]
Tra slancio riformatore e richiami alla politica, il ruolo della Suprema Corte nell’Italia che cambia Un numero senza eguali nel panorama europeo: oltre 80.000 ricorsi l’anno. È questo il carico che ogni anno affronta la [...]