Frode informatica: sostituzione identità digitale un'aggravante del reato
Nel D.L. n.93/’13 intitolato “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province” sono state inserite alcune considerevoli novità in tema tutela della privacy e prevenzione dei crimini informatici.
In particolare “l’articolo 9 mira a rendere più efficace il contrasto del preoccupante e crescente fenomeno del cosiddetto «furto d’identità digitale», attraverso il quale vengono commesse frodi informatiche, talora con notevole nocumento economico per la vittima. A tale fine sono previsti un innalzamento della pena edittale e la procedibilità d’ufficio per il delitto di frode informatica quando il fatto è commesso con sostituzione dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti”.
In tal modo si introduce per la prima volta nel codice penale la nozione di “identità digitale” , con un notevole sforzo da parte del legislatore di stare al passo coi tempi e tutelare l’utente on-line, ma con l’evidente omissione di delimitare compiutamente la definizione di identità digitale.
Interviene a tal proposito la Suprema Corte, nella relazione di commento al Decreto del Fare del 22.08.2013 indicando l’identità digitale come “l’insieme delle informazioni e delle risorse concesse da un sistema informatico ad un particolare utilizzatore del suddetto sotto un processo di identificazione, che consiste (per come definito invece dall’art. 1 lett. u-ter del d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82) per l’appunto nella validazione dell’insieme di dati attribuiti in modo esclusivo ed univoco ad un soggetto, che ne consentono l’individuazione nei sistemi informativi, effettuata attraverso opportune tecnologie anche al fine di garantire la sicurezza dell’accesso”.
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