Published On: 27 Febbraio 2016Categories: Articoli, Diritto civile, Diritto fallimentare, Gavril ZaccariaBy

Danno da risarcire, a chi incombe la prova?

Con sentenza n. 3149/2016 il Tribunale di Roma si trova a dover valutare una richiesta di risarcimento danni a carico di ex amministratori di una società oggi fallita.

La Curatela Fallimentare agisce in giudizio assumendo che gli ex amministratori abbiano arrecato danno alla società con condotte contra legem, assumendo come parametro di riferimento per la quantificazione di detti danni la differenza tra attivo e passivo fallimentare.

Il Collegio rileva innanzitutto che la Curatela non ha prodotto in atti alcuna documentazione (stato passivo, verbale di inventario od altro) da cui desumere l’esistenza di passività fallimentari, e l’insufficienza delle attività a ripianare le passività; in sostanza non è stata fornita alcuna prova del danno di cui si chiede il risarcimento.

Secondo il Collegio della Terza Sezione incombeva sulla parte attrice l’onere di provare i danni da risarcire, in particolare l’esistenza di un passivo fallimentare maggiore dell’attivo fallimentare stesso.

Né può supplire a detta omissione neppure la CTU, seppure richiesta dalla Curatela, giacché il mezzo istruttorio avrebbe, in detta ipotesi, finalità meramente esplorative.

In conclusione la domanda della Curatela viene rigettata dal Tribunale di Roma per mancanza di prova del danno.

Avv. Gavril Zaccaria

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Danno da risarcire, a chi incombe la prova?

Con sentenza n. 3149/2016 il Tribunale di Roma si trova a dover valutare una richiesta di risarcimento danni a carico di ex amministratori di una società oggi fallita.

La Curatela Fallimentare agisce in giudizio assumendo che gli ex amministratori abbiano arrecato danno alla società con condotte contra legem, assumendo come parametro di riferimento per la quantificazione di detti danni la differenza tra attivo e passivo fallimentare.

Il Collegio rileva innanzitutto che la Curatela non ha prodotto in atti alcuna documentazione (stato passivo, verbale di inventario od altro) da cui desumere l’esistenza di passività fallimentari, e l’insufficienza delle attività a ripianare le passività; in sostanza non è stata fornita alcuna prova del danno di cui si chiede il risarcimento.

Secondo il Collegio della Terza Sezione incombeva sulla parte attrice l’onere di provare i danni da risarcire, in particolare l’esistenza di un passivo fallimentare maggiore dell’attivo fallimentare stesso.

Né può supplire a detta omissione neppure la CTU, seppure richiesta dalla Curatela, giacché il mezzo istruttorio avrebbe, in detta ipotesi, finalità meramente esplorative.

In conclusione la domanda della Curatela viene rigettata dal Tribunale di Roma per mancanza di prova del danno.

Avv. Gavril Zaccaria

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