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Dolo e capacità di intendere e di volere, la sentenza della Cassazione
Con sentenza n. 30517, depositata il 15 luglio 2015, la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione ha chiarito che in caso di contestazione circa la presenza del dolo la sussistenza di tale elemento vada indagata distintamente rispetto alla verifica sull’imputabilità del reo.
Il dolo, infatti, secondo la costante giurisprudenza della Corte regolatrice, è un elemento costitutivo del delitto, in quanto tale accertabile solo con riferimento all’ipotesi standard – e secondo le regole generali – di un soggetto agente dotato di normale capacità di intendere e di volere.
L’imputabilità, invece, in quanto presupposto per l’affermazione della responsabilità circa il reato commesso, andrà verificata solo dopo che il reato stesso sia stato compiutamente qualificato nelle sue connotazioni oggettive e soggettive.
La Corte conclude, dunque, chiarendo che anche nei confronti di un soggetto non – o parzialmente – imputabile, si dovrà comunque stabilire se l’evento prodotto sia stato, ex art. 43 c.p., “secondo”, “contro” o “oltre” intenzione, passando solo successivamente alla verifica del se, e come, il soggetto andrà a rispondere penalmente dell’evento, in ragione del suo stato mentale.
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Dolo e capacità di intendere e di volere, la sentenza della Cassazione
Con sentenza n. 30517, depositata il 15 luglio 2015, la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione ha chiarito che in caso di contestazione circa la presenza del dolo la sussistenza di tale elemento vada indagata distintamente rispetto alla verifica sull’imputabilità del reo.
Il dolo, infatti, secondo la costante giurisprudenza della Corte regolatrice, è un elemento costitutivo del delitto, in quanto tale accertabile solo con riferimento all’ipotesi standard – e secondo le regole generali – di un soggetto agente dotato di normale capacità di intendere e di volere.
L’imputabilità, invece, in quanto presupposto per l’affermazione della responsabilità circa il reato commesso, andrà verificata solo dopo che il reato stesso sia stato compiutamente qualificato nelle sue connotazioni oggettive e soggettive.
La Corte conclude, dunque, chiarendo che anche nei confronti di un soggetto non – o parzialmente – imputabile, si dovrà comunque stabilire se l’evento prodotto sia stato, ex art. 43 c.p., “secondo”, “contro” o “oltre” intenzione, passando solo successivamente alla verifica del se, e come, il soggetto andrà a rispondere penalmente dell’evento, in ragione del suo stato mentale.
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