
Incidente causato da colpo di sonno, chi guida è responsabile?
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9172/13 si è preoccupata di stabilire se per l’incidente causato dal colpo di sonno è responsabile chi si è messo alla guida nonostante la stanchezza.
Secondo gli Ermellini, infatti, il “malore improvviso non è ascrivibile alla categoria del caso fortuito, di cui all’articolo 45 del Cp, giacché questo – descrivendo una fattispecie in cui l’uomo, psicologicamente, non risponde per l’intervento del fattore causale imprevedibile – presuppone pur sempre un’azione umana cosciente e volontaria, mentre il malore improvviso esclude tali connotazioni di coscienza e volontà, non realizzandosi così quelle condizioni minime che l’articolo 42 Cp richiede perché un fatto umano, astrattamente costitutivo di reato, divenga penalmente rilevante”.
La Corte di legittimità colloca il malore nell’ambito dei fattori incidenti sulla capacità di intendere e di volere e non del caso fortuito: per ciò che riguarda la responsabilità del conducente di autoveicolo, il malore dello stesso insorto improvvisamente e frequentemente, è pur sempre un’infermità, ovvero uno stato morboso, anche se transitorio, riconducibile a quanto previsto dall’art. 88 c.p. Esso non incide sulla potenzialità intellettiva e volitiva del soggetto, ma, la perdita della coscienza, spezza quell’anello di collgamento tra il comportamento del soggetto medesimo e le funzioni psichiche dello stesso, causando così movimenti fisici inconsapevoli e automatici, cioè privi dei caratteri tipici della condotta, secondo quanto previsto dall’articolo 42 del Codice penale.

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La Corte di legittimità colloca il malore nell’ambito dei fattori incidenti sulla capacità di intendere e di volere e non del caso fortuito: per ciò che riguarda la responsabilità del conducente di autoveicolo, il malore dello stesso insorto improvvisamente e frequentemente, è pur sempre un’infermità, ovvero uno stato morboso, anche se transitorio, riconducibile a quanto previsto dall’art. 88 c.p. Esso non incide sulla potenzialità intellettiva e volitiva del soggetto, ma, la perdita della coscienza, spezza quell’anello di collgamento tra il comportamento del soggetto medesimo e le funzioni psichiche dello stesso, causando così movimenti fisici inconsapevoli e automatici, cioè privi dei caratteri tipici della condotta, secondo quanto previsto dall’articolo 42 del Codice penale.
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