Il reato di stalking può essere integrato anche con molestie indirette

dicembre 10th, 2023|Diritto penale, Luana Di Giovanni|

Il reato di stalking ex art. 612-bis c.p. si configura quando taluno realizza una condotta reiteratamente molesta o vessatoria ai danni della vittima. 

L’art. 612-bis c.p., introdotto dal legislatore nel 2009, punisce il reato di atti persecutori o più comunemente noto come stalking. Secondo la previsione normativa de quo, il reato di stalking si realizza ogni qualvolta “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno”. La minaccia o la molestia, pertanto,  rappresentano le modalità attraverso cui il reato si realizza ma ciò non è sufficiente: l’art. 612-bis c.p. richiede che tali condotte siano ripetute nel tempo.

stalking molestie

Esclusivamente la reiterazione delle condotte di minaccia o di molestia da parte dello stalker è idonea a realizzare l’effetto richiesto dalla norma. Il reato di stalking ex art. 612 bis c.p., infatti, si configura solo se, per effetto delle minacce o delle molestie, la vittima è costretta a vivere in una perenne condizione di perturbamento emotivo oppure è costretta a cambiare il proprio stile di vita.

Recentemente, la Corte di Cassazione, Sez. V Pen., è tornata ad occuparsi del reato di stalking attraverso la nota sentenza n. 43384 del 26 ottobre 2023, rifacendosi a consolidata giurisprudenza, secondo cui integra “il delitto di atti persecutori la reiterata ed assillante comunicazione di messaggi di contenuto persecutorio, ingiurioso o minatorio, oggettivamente irridenti ed enfatizzanti la patologia della persona offesa, diretta a plurimi destinatari ad essa legati da un rapporto qualificato di vicinanzaove l’agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza, della idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice”. (Sez. 5, n. 8919 del 16/02/2021, F., Rv. 280497 – 01; v., nella stessa linea decisionale, Sez. 5, n. 37272 del 01/07/2022, C., Rv. 284017 – 0; Sez. 5, n. 26456 del 09/06/2022, M, n. m.; Sez. 6, n. 8050 del 12/01/2021, G., Rv. 281081 – 0).

Senonché, aggiungono gli ermellini, che “il riferimento all’esistenza di un ‘rapporto qualificato di vicinanza’ non serve a identificare il contenuto di un elemento costitutivo della fattispecie (che, infatti, non lo contempla), ma a individuare, con espressione di sintesi, il significato di un’operazione ricostruttiva che dimostri, al di là di ogni ragionevole dubbio, in termini razionali e obiettivamente fondati, la riferibilità di un evento di danno nei confronti di una persona diversa dal destinatario delle condotte“.

Peraltro, ad avviso della Corte, nel reato di stalking, rispetto alle c.d. “molestie indirette”, “si pone lo stesso problema ricostruttivo di fondo, dovendo in ogni caso verificare, alla stregua di un accertamento dotato di credibilità razionale, che le stesse abbiano provocato l’evento di danno nei riguardi di chi si assuma essere persona offesa”, ed aggiunge altresì che “il fatto che, nei casi esaminati dalla giurisprudenza, vengano prevalentemente in rilievo rapporti di carattere personale o familiare, non toglie che anche rapporti di carattere diverso possano giustificare l’insorgere dell’evento di danno, alla luce di una valutazione che tenga conto di tutte le connotazioni. Sul versante soggettivo, dovrà poi verificarsi la consapevolezza e volontà dell’agente anche in relazione all’individuazione del destinatario finale della condotta”.

Dott.ssa Luana Di Giovanni