Se curatore è inerte contribuente dichiarato fallito può impugnare atto impositivo

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza n. 11287 del 28 aprile 2023 ha statuito che in caso di rapporto d’imposta i cui presupposti si siano formati prima della dichiarazione di fallimento, il contribuente dichiarato fallito a cui sia stato notificato l’atto impositivo lo può impugnare, ex art. 43 l.fall., a condizione che il curatore si sia astenuto dall’impugnazione.

Nel caso di specie, un socio accomandatario di una società in accomandita semplice proponeva ricorso in Cassazione avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania che riteneva inammissibile il ricorso da lui proposto contro due avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto costi non documentati e recuperato l’IVA con riguardo ad altrettanti periodi di imposta.

La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, osservava che:

– il Tribunale di Napoli, con sentenza del 2006, aveva dichiarato il fallimento della S.A.S., nonché dello stesso socio accomandatario in proprio;

–  ai sensi dell’art. 43 della L. fall., nelle controversie riguardanti il fallito sta in giudizio il curatore, individuandosi una legittimazione residua del fallito solo eccezionalmente in caso di inerzia del curatore stesso;

– nel caso de quo non si ravvisava alcun disinteresse o inerzia da parte della curatela, la cui rinuncia ad impugnare gli avvisi di accertamento in questione costituiva infatti l’esito “di valutazioni fatte previo parere conforme del giudice delegato”.

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Gli ermellini della Suprema Corte hanno accolto il ricorso osservando che i due avvisi di accertamento impugnati si riferivano ad annualità di imposta antecedenti alla dichiarazione di fallimento e ritenendo che il ricorrente non è stato messo nelle condizioni di poter agire in giudizio per la difesa dei propri diritti e né tantomeno il curatore lo ha fatto in sua vece.

Secondo le Sezioni Unite, il fallito mantiene la capacità processuale con riguardo alle posizioni estranee agli interessi ed alle funzioni del concorso, come appunto quelle di natura strettamente personale o comunque non incidenti sulla sorte dei creditori.

Tale capacità residuale troverebbe argomento implicito a contrario nell’art. 43 L. fall., laddove è sancito che in giudizio, al posto del fallito, stia il curatore purché si tratti di controversie relative a rapporti di diritto patrimoniale e compresi nel fallimento

In particolare, nella sentenza in commento, i giudici di legittimità, facendo leva sul carattere pubblicistico dell’obbligazione tributaria, statuiscono che il rapporto giuridico d’imposta basato su presupposti antecedenti alla sentenza dichiarativa permane in capo al debitore anche in costanza della procedura fallimentare e pur dopo la sua chiusura.

D’altronde la stessa interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 24 Cost. ammette il contribuente fallito ad impugnare l’atto impositivo ritenuto illegittimo nel caso in cui a tanto non provveda, per qualsiasi ragione, il curatore.

Pertanto, la Suprema Corte seguendo l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui quando al curatore del fallimento sia notificato un accertamento con riguardo ai redditi dichiarati dall’imprenditore fallito e l’ufficio fallimentare si disinteressi del rapporto tributario in contestazione statuisce “che il fallito conserva la capacità processuale in ordine alle situazioni giuridiche non comprese di fatto nella massa fallimentare, con la conseguenza che il termine per impugnare decorre solo dal momento in cui l’accertamento stesso sia portato a sua conoscenza.”

In ragione delle considerazioni che precedono, con tale pronuncia la Suprema Corte ha affermato che in caso di rapporto d’imposta i cui presupposti si siano formati prima della dichiarazione di fallimento, il contribuente dichiarato fallito a cui sia stato notificato l’atto impositivo lo può impugnare, ex l.fall., articolo 43 in caso di astensione del curatore dalla impugnazione, rilevando a tal fine il comportamento oggettivo di pura e semplice inerzia di questi, indipendentemente dalla consapevolezza e volontà che l’abbiano determinato; l’insussistenza di uno stato di inerzia del curatore, così inteso, comporta il difetto della capacità processuale del fallito in ordine all’impugnazione dell’atto impositivo e va conseguentemente rilevata anche d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo.

 

Dott. Nicola Coscia