NFT, arte e proprietà intellettuale

aprile 28th, 2022|chiara verdone, Diritto civile|

L’abbreviazione NFT sta per Non-Fungible Token più comunemente “gettone digitale non fungibile”

Con tale espressione si identificano dei token unici, non fungibili, cioè non intercambiabili né sostituibili e divisibili, con i quali è possibile rappresentare un asset in formato digitale, come opere d’arte digitali, oggetti collezionabili su blockchain.

L’NFT consente quindi di rappresentare qualsiasi oggetto digitale come foto, video, audio, proprio grazie alla sua peculiare caratteristica di infungibilità, cosa che lo differenzia da altri tipi di asset, quali le criptovalute; ad esempio, un bitcoin è fungibile in quanto può essere sostituito con un altro.

I codici generati dagli NFT sono degli identificativi simili ai codici HASH i quali vengono poi riconosciuti e validati non dal singolo professionista, (ad es. dagli Avvocati nel processo telematico) ma attraverso la tecnologia blockchain, da una rete di server che li immagazzina e registra in maniera diffusa, impedendo che possano essere modificati unilateralmente.

Ogni token corrisponde un determinato tipo di smart contract, ovvero un programma che ha come obiettivo quello di compiere azioni a determinati input. Tali programmi vengono poi via via replicati e distribuiti in tutti i server della blockchain ed eseguono solo le azioni per cui sono stati progettati.

Dopo ogni azione, i Token lasciano traccia dello storico delle operazioni effettuate nel tempo e, per questo essi siano, sotto ogni punto di vista, immodificabili, consentono di effettuare transazioni tra parti che non si conoscono e che potrebbero non fidarsi l’una dell’altra.

Gli NFT proprio grazie alle loro caratteristiche sono molto utilizzati nel mondo dell’arte, mondo che rappresenta diverse problematiche soprattutto in termini di tutela delmercato e della proprietà intellettuale.

Dal punto di vista giuridico, la valenza di un NFT poggia si sulla tecnologia blockchain, ma fa riferimento a pieno titolo sulla fiducia che intercorre fra il venditore e l’acquirente.

Il primo, infatti, fa affidamento sul fatto che il secondo non venderà o non abbia già venduto la stessa identica opera più e più volte così andando a ridurre il valore di quell’NFT.

A tal proposito, l’art. 64 del Codice dei beni culturali e del paesaggio disciplina, per venditori ed intermediari, quello che è l’obbligo di consegna di un’opera d’arte all’acquirente nonché della documentazione che ne attesti l’autenticità, o almeno la probabile attribuzione, e la provenienza, il tutto al momento della vendita.

Tale documentazione generalmente ed ove possibile tenendo conto della natura dell’opera viene apposta su copia fotografica degli stessi.

Il legislatore nulla prevede circa la forma e le modalità di formazione di tale documentazione il che crea diverse problematiche di natura civilistica e penalistica soprattutto in merito ad eventuali inadempimenti contrattuali e contraffazione.

Nel caso delle opere digitali, che anche se non tangibili sono pienamente tutelabili, gli NFT consentono di certificare come autentiche le copie dell’opera rilasciate ufficialmente dall’artista e di tracciarne i relativi scambi.

Tuttavia, le opere digitali sono generalmente costituite da file che si trovqano nella disponibilità di chiunque, pertanto solo con l’associazione del token all’opera l’autore ne certifica l’unicità e la autenticità.

Pertanto e come brevemente anticipato, le autentiche fisiche possono essere soggette ad alterazione e contraffazione mentre i token, invece, una volta registrati sono immutabili. Essi potrebbero essere persi da chi li detiene, nel momento in cui si smarriscono le chiavi di accesso. In casi estremi potrebbero essere distrutti o, con enormi difficoltà, hackerati ed inoltre registrano tutte le transazioni effettuate sin dalla loro creazione, facendo venir meno quindi la necessità di dover procedere a successive ricerche sulle provenienze dello stesso, caratteristica quest’ultima che rileva non solo ai fini della tutela del diritto d’autore ma anche per la tutela dei diritti reali.

Quindi il token è sostanzialmente una attestazione che accompagna un bene, sia esso digitale o fisico il quale viene associato ai beni su portali specializzati che si occupano di svolgere sia attività di registro che attività di intermediazione.

Gli acquirenti degli NFT sono, di fatto, proprietari unicamente del token e qualora il portale non mantenesse più memoria delle associazioni tra token ed opere, perderebbero ogni vantaggio connesso agli stessi token.

Ciò che è concretamente oggetto della compravendita NFT però non è l’opera digitale in sè ma solo il suo token identificativo, che sarà pertanto il vero oggetto della compravendita.

Criptovalute e NFT condividono le stesse criticità poiché entrambi sono commercializzati in maniera del tutto deregolamentata, e divengono spesso oggetto di speculazione, quest’ultima favorita anche dalla scarsa trasparenza dei mercati di riferimento o dalla capacità di essere  profondamente influenzati da elementi esterni quali notizie o dichiarazioni di persone note.

È quindi del tutto evidente che questa assenza di regolamentazione rende estremamente difficile ricevere tutela giudiziaria in caso di controversia.

Dott.ssa Chiara Verdone