Il Comune può imporre orario di chiusura ai locali?

maggio 6th, 2021|chiara verdone, Diritto civile|

Secondo quanto stabilito dalla Cassazione con ordinanza n. 6895/2021, in tema di tutela della concorrenza, sono da considerarsi illegittime le norme degli enti locali che respingono gli orari degli esercizi commerciali

Con la predetta ordinanza, la Cassazione ha accolto il ricorso presentato da un barista il quale era stato multato per non aver rispettato quanto stabilito dal Regolamento comunale in tema di orario di chiusura.

Il barista aveva quindi proposto opposizione contro l’ordinanza-ingiunzione ed i motivi di gravame sono state respinti tanto in primo quanto in secondo grado.

Ciò nonostante, i Supremi Giudici ribadiscono che la tutela della concorrenza è materia esclusiva dello Stato, secondo quanto stabilito dall’art. 117 c. 2 lett. e della Costituzione.

Per tali motivi sono da considerarsi illegittime le disposizioni normative regionali con le quali vengono introdotti limiti e o vincoli all’attività commerciale, poiché nettamente in contrasto con il Decreto Bersani (art. 3 c. 1 lett. d bis d. l. 223/2006 come modificato dall’art. 31 c. 1 d. l. 201/2011) il quale prevede che le attività commerciali sono svolte senza limiti e/o prescrizioni, incluso l’obbligo di chiusura.

Dunque, quando le Regioni intervengono nella disciplina concernente le modalità di apertura degli esercizi commerciali – ovvero nell’ambito della tutela della concorrenza – invadono effettivamente una competenza esclusiva dello Stato.

Il ricorrente sosteneva che il Regolamento comunale oggetto di tutti i relativi procedimenti, in forza del quale era stato multato, fosse illegittimo nella parte in cui impone agli esercenti di rispettare alcune determinate fasce orarie di chiusura obbligatoria.

Per quanto sopra stabilito, e dunque per la competenza esclusiva dello Stato in tema di tutela della concorrenza, la Suprema Corte ha considerato fondata la doglianza del ricorrente.

La Suprema Corte ha quindi stabilito che deve rilevarsi l’illegittimità delle disposizioni normative adottate dagli enti locali circa la disciplina di regolazione degli orari degli esercizi commerciali.

A tal punto, è conseguenza logica che il giudice debba disapplicare il regolamento illegittimo.

Con diverse pronunce, ovvero la n. 239/2016 e 98/2017, la Corte costituzionale, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni normative regionali aventi ad oggetto l’introduzione di limiti e vincoli all’attività commerciale.

Secondo la Corte di Cassazione infatti:

la totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non costituisce soluzione imposta dalla Costituzione, sicché lo Stato potrà rivederla in tutto o in parte, temperarla o mitigarla”.

Ad oggi, è in vigore il divieto di imporre limiti e prescrizioni sugli orari, poiché imposto dallo Stato nell’esercizio della sua competenza esclusiva a tutela della concorrenza.

Tuttavia, ogni disciplina regionale che abbia l’intento anche solo di attenuare tale divieto è da considerarsi illegittima per violazione del criterio di ripartizione delle competenze.

Dunque, al caso di specie il regolamento comunale, poiché basato sulla legge regionale, a seguito del quale era stata emessa l’ordinanza-ingiunzioni, avrebbe dovuto essere disapplicato perché illegittimo.

Neppure si può sostenere che il regolamento comunale poteva derogare al principio di libera concorrenza sancito dal d. l. 223/2006, poiché una deroga a tale principio è prevista in relazione alla libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali solo se giustificata da ragioni di tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali.

Dunque, per tutte le ragioni enunciate, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e disposto l’annullamento dell’ordinanza di ingiunzione.