Amministratori delle S.r.l e responsabilità: uno sguardo al nuovo Codice della Crisi d’impresa

ottobre 14th, 2020|Articoli, Diritto fallimentare|

Con il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa (introdotto con D.lgs. n° 14/2019) il legislatore, oltre a ridisegnare l’intera materia concorsuale, ha anche previsto integrazioni o modificazioni di alcuni articoli del codice civile e, tra queste, meritano particolare attenzione le norme destinate ad incidere sulla disciplina delle società a responsabilità limitata.

In particolare si ha riguardo alle norme del Nuovo Codice relative alla responsabilità degli amministratori di tali società verso i creditori sociali.

Ad oggi infatti, proprio in ordine alla responsabilità degli amministratori delle società a responsabilità limitata verso i creditori sociali, l’art. 2476 del codice civile presenta un’evidente lacuna normativa e ciò in quanto non contempla la possibilità per i creditori di una s.r.l. di promuovere azione di responsabilità nei confronti dell’organo rappresentativo della società (azione invece prevista per le “società per azioni” dall’art. 2394 c.c.).

Orbene sia la dottrina che la giurisprudenza assolutamente prevalenti hanno sempre sostenuto che, indipendentemente dal silenzio dell’art. 2476 c.c. al riguardo, la responsabilità degli amministratori della “società a responsabilità limitata” verso i creditori sociali potesse ricavarsi ricorrendo all’applicazione analogica dell’art. 2394 c.c., il quale contempla e disciplina tale tipo di responsabilità con riguardo alla diversa tipologia delle “società per azioni”.

Fatta questa doverosa premessa, si evidenzia che il “Nuovo Codice della crisi d’’impresa” ha risolto definitivamente la questione attraverso l’apposita integrazione dell’art. 2476 c.c.

Infatti con l’art. 378 del Codice della Crisi d’Impresa è stato inserito un sesto comma all’art. 2476 c.c. (“responsabilità degli amministratori e controllo dei soci”), il quale prevede espressamente che gli amministratori di una s.r.l. sono responsabili verso i creditori sociali allorquando non abbiano osservato gli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.

Il secondo periodo dell’aggiunto sesto comma pone, quale presupposto per l’esercizio dell’azione di responsabilità in discorso, che il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei crediti sociali.

È inoltre previsto che, qualora la società rinunci all’azione di responsabilità contro l’amministratore, ciò non impedisce che la stessa possa essere intrapresa da parte dei creditori sociali.

L’articolo citato non può che essere letto in combinato disposto con altre norme del medesimo Nuovo Codice e, in particolare, con gli art. 375 e 377.

Il primo sostituisce la rubrica dell’art. 2086 c.c. denominandola “Gestione dell’impresa” e aggiunge un secondo comma all’art. 2086 c.c. che prevede espressamente “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Pertanto, siccome la gestione societaria spetta agli amministratori, è dovere dei medesimi istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società che sia idoneo a consentire il tempestivo rilevamento di una situazione di crisi dell’impresa e di perdita della continuità aziendale e – qualora l’azienda sia già in uno stato di crisi – i medesimi amministratori debbono anche attivarsi ricorrendo agli strumenti previsti dall’ordinamento per il recupero della continuità aziendale.

L’art. 377, invece, al comma 4° dispone la sostituzione del comma 1° dell’art. 2475 c.c. con il seguente: “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell’articolo 2479.

Sembrerebbe, quindi, che gli amministratori delle S.r.l. rispondano verso i creditori sociali nei casi in cui non abbiano ottemperato ai doveri previsti dall’art. 2086 del c.c. come novellato dal C.C.I. e qualora ciò vada a ripercuotersi sulla conservazione del patrimonio sociale.

È pertanto evidente, quindi, come la caratteristica principale delle S.r.l. disciplinata dall’art. 2462 c.c., secondo cui “nella società a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio”, sia stata fortemente ridimensionata dall’intervento legislativo in questione.

Infatti, secondo l’opinione prevalente in dottrina e giurisprudenza, la sussistenza di un’autonomia patrimoniale perfetta (come quella prevista per le “società a responsabilità limitata”) dovrebbe essere, al contempo, mitigata dal riconoscimento ai creditori sociali della possibilità di esperire comunque l’azione di responsabilità verso l’organo rappresentativo della società.

Ne discende pertanto che, per effetto dell’innovazione introdotta dall’art. 378 del Nuovo Codice della crisi d’impresa, gli amministratori di una S.r.l. risponderanno con il loro patrimonio nei confronti dei creditori sociali.

A completamento del regime della responsabilità degli amministratori della “società a responsabilità limitata”, si segnala inoltre che l’art. 378 del Nuovo Codice della crisi d’impresa ha anche aggiunto un terzo comma all’art. 2486 c.c. (“poteri degli amministratori”) e che tale ulteriore comma prevede, espressamente, una presunzione legale di danno causato dagli amministratori (salvo prova contraria) che è pari alla “differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore ha cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura concorsuale, e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’art. 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione”.

Il secondo periodo del tale ulteriore comma dispone che, nel caso in cui sia aperta una procedura concorsuale e manchino le scritture contabili o quando queste siano tenute in modo irregolare o per qualsiasi altra ragione i netti patrimoniali non possano essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla “differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.

Viene previsto un criterio di liquidazione danni conseguenti all’inosservanza dell’obbligo di gestire le società, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, con il fine di preservare la integrità e il valore del patrimonio sociale.

Da una combinata lettura di tali norme, contemplate dal Nuovo Codice della crisi d’impresa, appare chiara quale sia stata la ratio che ha ispirato il nostro Legislatore.
Ed infatti, se è dovere specifico degli amministratori quello di conservare il patrimonio sociale, allora l’osservanza di un tale dovere viene garantita prevedendo la responsabilità dell’amministratore, verso i creditori sociali, allorquando il patrimonio sia divenuto insufficiente al soddisfacimento di questi ultimi.

Inoltre si segnala come la seconda parte dell’art. 378 del Nuovo Codice – prevedendo appositi parametri per la quantificazione del danno nel caso in cui l’amministratore, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, non abbia limitato la gestione ai meri fini conservativi del patrimonio sociale – abbia messo finalmente chiarezza su di un punto da sempre dibattuto in dottrina e giurisprudenza.

Avv. Fortunato Napolitano

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