Pt. 3 Il potere di controllo del Commissario giudiziale

marzo 24th, 2020|Diritto fallimentare, IMPRESE|

Quando un’impresa, versando in stato di crisi, decide di porvi rimedio accedendo alla procedura concorsuale c.d. “minore” del concordato preventivo previsto dagli artt. 160 e segg. della Legge Fallimentare si realizza uno spossessamento attenuato della gestione imprenditoriale.

In sostanza l’impresa continua, nel suo dinamismo, ad operare e a produrre ricchezza sia pure sotto la vigilanza del Commissario Giudiziale, ovvero di un particolare organo procedurale appositamente nominato dal Tribunale Fallimentare con lo stesso decreto con il quale si dispone l’ammissione dell’impresa alla procedura concordataria.

A disporre quanto sopra è l’art. 167 della Legge Fallimentare.

Tale attività di vigilanza svolta dal Commissario Giudiziale- i cui compiti sono comunque delineati dall’art. 165 della Legge Fallimentare – riguarda la gestione corrente dell’impresa, le operazioni di rilievo compiute dall’imprenditore e le nuove operazioni poste in essere dall’imprenditore e consiste, sostanzialmente, nel verificare che tali attività siano in linea e compatibili con le previsioni contenute nel piano concordatario e nella proposta ai creditori formulati dall’impresa al momento della presentazione della domanda di accesso alla procedura.

Da evidenziare, in particolare, che il compimento da parte dell’imprenditore delle attività di maggior rilievo (i c.d. atti di straordinaria amministrazione) necessitano, a norma dell’art. 197 della Legge Fallimentare, della preventiva autorizzazione da parte del Tribunale Fallimentare.

Altri poteri di controllo e vigilanza attribuiti al Commissario Giudiziale riguardano la gestione finanziaria dell’impresa, le sue operazioni di cassa ed i pagamenti effettuati successivamente alla presentazione della domanda di accesso alla procedura concordataria, nonché: le modifiche inerenti l’attivo circolante e del magazzino dell’impresa, lo svolgimento degli eventuali lavori in corso di esecuzione e le rimanenze.

In sostanza si tratta di un controllo che investe l’evoluzione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa e che si concretizza nel verificare che ogni attività dell’imprenditore sia coerente con le previsioni del piano e della proposta di concordato e che non ne ostacoli, invece, lo svolgimento del piano e l’adempimento della proposta.

Nell’espletamento di tale attività di vigilanza il Commissario Giudiziale si confronta, al fine di acquisire le opportune informazioni, sia con l’imprenditore e sia con i legali e commercialisti che lo assisto.

Ad un tale riguardo è bene ricordare che secondo l’art. 167 della Legge Fallimentare molte operazioni –  come ad esempio mutui, transazioni, compromessi, alienazioni di immobili, concessioni di garanzie reali, fideiussioni, rinunzia ad eventuali liti, riconoscimenti di debiti ecc….- se compiuti dall’imprenditore senza la necessaria autorizzazione del Giudice Delegato della procedura concordataria sono addirittura inefficaci nel confronti di titolari di crediti sorti prima della presentazione della domanda di concordato.

Solitamente lo stesso Tribunale Fallimentare, con il decreto con cui dispone l’ammissione dell’impresa alla procedura concordataria, fissa un limite di valore delle operazioni al di sotto del quale l’imprenditore non necessita della preventiva autorizzazione.

Orbene, a norma dell’art. 165 della Legge Fallimentare, il Commissario Giudiziale deve senza indugio anche comunicare al Pubblico Ministero ogni circostanza che possa eventualmente essere rilevata ai fini delle eventuali indagini preliminari avviate in ordine alle ragioni della crisi dell’impresa.

Inoltre, a norma dell’art. 173 della medesima Legge, il Commissario Giudiziale che accerti che il debitore ha occultato o dissimulato una parte dell’attivo o ha esposto passività che in realtà non esistono o, comunque, ha commesso atti diretti a frodare il ceto creditorio deve, immediatamente, relazionare dell’accaduto il Tribunale Fallimentare affinchè quest’ultimo possa avviare il procedimento finalizzato alla revoca della disposta ammissione dell’impresa alla procedura di concordato.

Tanto premesso si evidenzia che il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza introdotto con il Decreto Legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019, nel delineare i tratti distintivi della nuova disciplina della procedura concordataria, riguardo ai poteri di vigilanza del Commissario Giudiziale ricalca sostanzialmente la predetta disciplina già contemplata dalla Legge fallimentare.

Ad un tale riguardo assumono rilievo l’art. 92 (“Commissario Giudiziale”), l’art. 105 (operazioni e relazione del Commissario”) e l’art. 106 (“Atti di fronde e apertura della liquidazione giudiziale nel corso della procedura”).

L’unica vera novità sembra doversi registrare in ordine alla maggiore incisività riconosciuta alla maggiore incisività dell’informativa del Commissario Giudiziale in ordine al rilevato compimento di atti in frode ai creditori.

Infatti l’art. 49 del nuovo codice prevede che in tal caso il Tribunale, ricevuta la segnalazione da parte del Commissario, dichiari direttamente con sentenza l’apertura a carico dell’imprenditore della procedura di Liquidazione Giudiziale.

Insomma il nuovo codice, che entrerà in vigore nel mese di agosto 2020, riguardo ai poteri di vigilanza riconosciuti al Commissario Giudiziale della procedura concordataria si pone in un senso di continuità rispetto alle attuali previsioni della Legge Fallimentare.

Probabilmente tale scelta è dipesa dal fatto che tali previsioni sono state ritenute, nel loro complesso, un valido deterrente atto a scongiurare il rischio del compimento di atti in frode del ceto creditorio.