Pt. 2 Il concordato preventivo: profili di novità introdotti dal nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza

marzo 5th, 2020|IMPRESE, News, Sergio Scicchitano|

Tra le varie novità introdotte dal nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019),  sono riscontrabili una serie di innovazioni in materia di concordato preventivo, rese particolarmente necessarie dal susseguirsi di interventi normativi di natura emergenziale.

Dalla disposizione con la quale il legislatore introduce la nuova disciplina del concordato preventivo (art. 84 del Codice) emerge come permanga la fondamentale importanza del soddisfacimento dei creditori, il quale rappresenta la principale finalità cui il concordato stesso è preordinato.

Infatti, all’interno del primo comma della disposizione sopra citata, il legislatore sancisce testualmente che “Con il concordato preventivo il debitore realizza il soddisfacimento dei creditori mediante la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio”, individuando in tal modo due tipologie di concordato preventivo, rappresentate rispettivamente dal concordato in continuità aziendale e dal concordato liquidatorio, in maniera analoga a quanto previsto dalla disciplina previgente.

Tuttavia, è possibile riscontrare un profilo di novità, evidenziando come sia stata espressamente contemplata dal legislatore la possibilità che il concordato in continuità venga realizzato in maniera indiretta, mediante la prosecuzione dell’attività aziendale da parte di un soggetto terzo, al quale l’azienda può essere affidata a “qualunque titolo”, risolvendo in tal modo un dibattito giurisprudenziale caratterizzato dal fronteggiarsi di due opposte tesi, che contemplavano l’una la necessarietà dell’espletamento dell’attività da parte del debitore in crisi e l’altra la possibilità che a far ciò fosse anche un soggetto terzo.

Un ulteriore profilo di novità emerge dalla possibilità, espressamente prevista all’interno del secondo comma del già menzionato art. 84, che l’attività aziendale sia ripresa da parte di un soggetto terzo, evidenziando dunque come non sia strettamente necessario ai fini dell’operatività del concordato preventivo in continuità che l’azienda sia ceduta in esercizio.

In virtù di tali profili innovativi introdotti tramite il nuovo Codice, è possibile affermare come sia stato realizzato una sorta di ampliamento della fattispecie del concordato in continuità, il quale beneficia di un evidente favor da parte del legislatore, evidentemente correlato all’opportunità di realizzare il ripristino dell’equilibrio economico finanziario dell’impresa, in perfetta rispondenza non soltanto all’interesse dei creditori, qualificato dal legislatore come “prioritario”, ma anche a quello dell’imprenditore e dei soci.

All’evidente favor manifestato dal legislatore per il risanamento aziendale, corrisponde uno speculare “disfavore” per il concordato di tipo liquidatorio, il cui ambito di operatività risulta limitato alle sole ipotesi in cui l’apporto di risorse esterne consente di meglio realizzare il soddisfacimento dei creditori chirografari rispetto all’alternativa liquidazione giudiziale.

Ai fini dell’accesso a tale procedura di risoluzione dello stato di crisi o di insolvenza è strettamente necessaria la predisposizione di una proposta e di un piano, i quali attengono rispettivamente all’ammissibilità giuridica del concordato e all’individuazione di modalità e tempistiche di realizzazione della proposta stessa, qualificabile come fattibilità economica.

Un’ulteriore innovazione è riconducibile all’espressa attribuzione al Tribunale di poteri di verifica in ordine ad entrambi i profili dell’ammissibilità giuridica e della fattibilità economica, attribuzione che ha determinato il superamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale che circoscriveva il sindacato del tribunale ai soli profili di ammissibilità giuridica, ritenendo che la valutazione in ordine al profilo economico appartenesse invece ai creditori.

Infine, è opportuno segnalare come tale estensione dei poteri di controllo del Tribunale sia riconducibile alla previsione di una serie di presidi normativi, predisposti al fine di contrastare l’utilizzo opportunistico per finalità meramente dilatatorie di tale strumento, in netta contrapposizione alla riforma della Legge Fallimentare del 2006, che accentuando notevolmente l’autonomia del debitore nell’accesso alla procedura di concordato, aveva notevolmente ridimensionato il ruolo dell’autorità giudiziaria.