Il riesame cautelare reale

Introduzione

Il Titolo II del Libro IV del c.p.p. è dedicato alla disciplina delle misure cautelari reali, rappresentate, nello specifico, dalle misure del “sequestro conservativo” (di cui agli artt. 316-320), e del “sequestro preventivo” (di cui agli artt. 321-325). Posto che, ciascuna tipologia di sequestro disciplinata dal c.p.p., fonda la sua ratio nel perseguimento di un preciso e diverso scopo, dall’angolo visuale degli effetti prodotti, tutte le singole ipotesi comportano un vincolo di indisponibilità che ricade sui beni colpiti dal suddetto provvedimento [1].

Volendo procedere con una sommaria analisi delle due fattispecie di sequestro cautelare, per meglio chiarirne i differenti scopi, l’art. 316 del c.p.p., rubricato “Presupposti ed effetti del provvedimento”, dispone che il sequestro conservativo sia adottato in presenza di “fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato”, ovvero nel caso in cui vi sia “fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti da reato”. Se dunque, il sequestro conservativo è volto a garantire l’adempimento delle obbligazioni nascenti dal reato, tutt’altra finalità è perseguita dal sequestro preventivo, di cui all’art. 321 c.p.p.; questa seconda misura cautelare reale, infatti, trova la sua ratio nella necessità di evitare che la libera disponibilità delle cose pertinenti al reato “possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati” [2].

Il riesame cautelare

Avverso i provvedimenti che dispongono una misura cautelare reale, è possibile proporre richiesta di riesame a norma dell’art. 324 del c.p.p. Sebbene il procedimento di riesame, relativo alle due fattispecie di sequestro cautelare in parola, sia disciplinato dalla medesima norma di cui sopra, occorre precisare la diversa legittimità soggettiva ai fini della richiesta di riesame. Nello specifico, per ciò che attiene al sequestro conservativo ex art. 316 c.p.p., contro la relativa ordinanza può proporre richiesta di riesame chiunque vi abbia interesse a norma dell’art 318 c.p.p. Diversamente, ai sensi dell’art. 322 c.p.p., recante “riesame del decreto di sequestro preventivo”, possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. In entrambe le ipotesi la richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento.

Il procedimento di riesame, l’eventuale mancata trasmissione degli atti da parte del p.m. e l’annullamento.

Il procedimento di riesame è disciplinato dall’art. 324 del c.p.p., il quale richiama esplicitamente, altresì, le disposizioni di cui all’art. 309 commi 9, 9 bis e 10 c.p.p. Nello specifico la competenza appartiene al tribunale in composizione collegiale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento. Presentata la richiesta di riesame nella cancelleria del tribunale competente, quest’ultima da immediato avviso dell’avvenuta ricezione al p.m., il quale ha l’onere di trasmettere, entro il giorno successivo, gli atti su cui si fonda il provvedimento (ivi compresi gli elementi a favore dell’imputato, nonché eventuali memorie depositate).

La mancata tempestiva trasmissione degli atti da parte dell’autorità procedente determina la perdita di efficacia del provvedimento che ha disposto la misura cautelare. Con finalità di garanzia, e al fine di evitare che i provvedimenti di sequestro possano trasformarsi di fatto in provvedimenti sanzionatori, stante la limitazione alla capacità patrimoniale del soggetto colpito dal provvedimento che ne consegue, sono stabiliti termini piuttosto stringenti per la decisione: dieci giorni dalla ricezione dell’atto, il decorso infruttuoso dei quali determina la perdita di efficacia del provvedimento che dispone la misura cautelare con impossibilità di rinnovo, salve esigenze cautelari eccezionali.

Il tribunale del riesame non è vincolato dai motivi posti alla base della richiesta ovvero del provvedimento cautelare, potendo, dunque, annullare, confermare o riformare il provvedimento impugnato per ragioni diverse. Il comma 9 dell’art. 309 c.p.p., espressamente richiamato dall’art. 324 c.p.p., dispone, inoltre, che “il tribunale annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o n contiene l’autonoma valutazione, a norma dell’art. 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa”. Dalla normativa analizzata emerge la perdurante cautela del legislatore nella disciplina dell’applicazione delle misure cautelari, posto l’elevato grado afflittivo dei provvedimenti in parola potenzialmente idonei a comprimere le libertà individuali (comprensive della libertà patrimoniale) dei soggetti destinatari.

Dott.ssa Isabella Zerbinati

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[1] In particolar modo il sequestro inteso come misura cautelare, seppur connotato da un’omogeneità nominalistica, si distingue dal sequestro inteso come mezzo di ricerca della prova, avente finalità probatorie e disciplinato dagli artt. 253 e ss. del c.p.p. Più nello specifico, il sequestro c.d. “probatorio” è volto a garantire il mezzo di prova al giudizio; a tal proposito il comma 1 dell’art. 253 dispone che “ L’autorità giudiziaria dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti”.

[2] Art. 321 c.p.p.