Abnormità dell’atto: la definizione

Con sentenza n. 22149 del 16 aprile – depositata il 21 maggio 2019, la V Sez. penale della Corte di Cassazione ha ritenuto un ricorso inammissibile, rilevando assenza di abnormità nell’atto del GIP del Tribunale di Grosseto.

Nel caso di specie il GIP era stato investito dal P.M. della richiesta di archiviazione di un procedimento vertente su reati fallimentari. A tale richiesta il giudice rispondeva con l’ordine di svolgere ulteriori indagini, fissando, al contempo, un termine di sei mesi. Il P.M. decideva di ricorrere in Cassazione lamentando l’abnormità dell’atto posto in essere dal giudice.

Sul punto la Corte di Cassazione rileva l’inammissibilità del ricorso contro la decisione del giudice in primis perché è ammessa impugnazione di un provvedimento del giudice delle indagini preliminari solo nel caso in cui egli disponga l’archiviazione, o nei casi di nullità previsti dall’art. 409, sesto comma c.p.p.

Non essendovi i presupposti citati, il ricorso sarebbe ammissibile solo nel caso in cui l’atto risultasse veramente abnorme. L’abnormità di un provvedimento del giudice, tuttavia, è individuata nel caso in cui il giudice eserciti un potere non attribuitogli dalla legge (carenza di potere in astratto), o nel caso in cui, pur esercitando un potere persegue uno scopo diverso da quello previsto dall’ordinamento (carenza di potere in concreto). Tali ipotesi configurano una abnormità c.d. strutturale; si versa, invece, in abnormità funzionale quando il provvedimento crea uno stallo nel procedimento, non consentendone la prosecuzione.

L’abnormità è presentata come un evento eccezionale che fuoriesce dalla tassatività prevista per i mezzi d’impugnazione. Dunque, può essere invocata solo nel caso in cui l’ordinamento non preveda altro rimedio. Per tale motivo – riportando precedente giurisprudenza (S.U. n 33 del 22.11.2000) – si stabilisce che “non possa invocarsi la categoria dell’abnormità per giustificare la ricorribilità immediata per Cassazione di atti illegittimi, affetti soltanto da nullità o comunque sgraditi e non condivisi”. Ciò si tradurrebbe nella elusione del regime di tassatività previsto per i mezzi di impugnazione.

D’altronde, prosegue la Corte, il contenuto dell’ordinanza non viola i poteri conferiti al giudice delle indagini preliminari, il quale ex. art. 409, comma quarto c.p.p. ha facoltà di indicare al P.M. il termine per svolgere ulteriori indagini.

Diana De Gaetani