
Società di capitali, la possibilità di controllo del giudice sulle scelte gestionali
Il Tribunale di Perugia, Sezione Terza, con sentenza n. 80/2019, chiarisce il limen nelle valutazioni giudiziali sul merito delle scelte gestionali degli amministratori di società di capitali.
“L’insindacabilità del merito delle scelte di gestione e di non imputabilità all’amministratore di una società di capitali dell’insuccesso dell’attività sociale, trovano un limite nella valutazione della ragionevolezza delle scelte stesse, da compiersi sia “ex ante”, secondo i parametri della diligenza del mandatario, sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere”.
La pronuncia, che segue un filone giurisprudenziale di legittimità in via di consolidamento (Cass. Sez. 1 Sentenza n. 15470 del 22/06/2017), deriva dalla traduzione in giudizio di P.M., amministratore unico di una società, costituita per la realizzazione di uno specifico affare nel campo immobiliare, da parte di due soci della stessa società.
La domanda attorea rilevava una gestione sconsiderata da parte di PM, avendo questo assegnato l’esecuzione dei lavori, senza apposito contratto, a due società e sostenendo costi di gran lunga superiori a quelli preventivati dai tecnici incaricati, che potevano essere evitati.
Parte attrice, dunque, proponeva domanda risarcitoria per responsabilità solidale dell’amministratore derivante dall’inosservanza dei doveri imposti da legge e statuto per l’amministrazione della società ai sensi dell’art. 2476 c.c., ritenendo che potessero addossarsi su PM i risultati negativi della gestione dell’affare.
Il Foro perugino ha statuito che il giudice ha un margine di valutazione, in tema di business judgment rule, che deve consistere in una prognosi ex ante sulle cautele e informazioni richieste, in ottemperanza della diligenza di mandato dell’amministratore, per una data scelta e sulla non manifesta illogicità e/o arbitrarietà dell’agire.
Il Tribunale, correttamente non compiendo una valutazione ex post sull’economicità dell’operazione, che si era rivelata evidentemente carente di utili prodotti, rileva invece l’assenza di una contabilità dei lavori ed un eccessivo squilibrio tra i costi sostenuti e quelli preventivati nel piano finanziario, ritenendo in tal modo verificatosi un danno subito dalla società.
Dunque, sulla scorta del fatto che se si fosse stipulato un contratto scritto, la società, in qualità di appaltante, avrebbe potuto pretendere il rispetto del business plan o, in alternativa, risolvere il contratto, il Tribunale di Perugia condanna P.M al risarcimento, in favore della società, pari alla differenza tra i costi sostenuti effettivamente e quelli preventivati al netto dei ricavi.
Luca Chiaretti

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Il Tribunale di Perugia, Sezione Terza, con sentenza n. 80/2019, chiarisce il limen nelle valutazioni giudiziali sul merito delle scelte gestionali degli amministratori di società di capitali.
“L’insindacabilità del merito delle scelte di gestione e di non imputabilità all’amministratore di una società di capitali dell’insuccesso dell’attività sociale, trovano un limite nella valutazione della ragionevolezza delle scelte stesse, da compiersi sia “ex ante”, secondo i parametri della diligenza del mandatario, sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere”.
La pronuncia, che segue un filone giurisprudenziale di legittimità in via di consolidamento (Cass. Sez. 1 Sentenza n. 15470 del 22/06/2017), deriva dalla traduzione in giudizio di P.M., amministratore unico di una società, costituita per la realizzazione di uno specifico affare nel campo immobiliare, da parte di due soci della stessa società.
La domanda attorea rilevava una gestione sconsiderata da parte di PM, avendo questo assegnato l’esecuzione dei lavori, senza apposito contratto, a due società e sostenendo costi di gran lunga superiori a quelli preventivati dai tecnici incaricati, che potevano essere evitati.
Parte attrice, dunque, proponeva domanda risarcitoria per responsabilità solidale dell’amministratore derivante dall’inosservanza dei doveri imposti da legge e statuto per l’amministrazione della società ai sensi dell’art. 2476 c.c., ritenendo che potessero addossarsi su PM i risultati negativi della gestione dell’affare.
Il Foro perugino ha statuito che il giudice ha un margine di valutazione, in tema di business judgment rule, che deve consistere in una prognosi ex ante sulle cautele e informazioni richieste, in ottemperanza della diligenza di mandato dell’amministratore, per una data scelta e sulla non manifesta illogicità e/o arbitrarietà dell’agire.
Il Tribunale, correttamente non compiendo una valutazione ex post sull’economicità dell’operazione, che si era rivelata evidentemente carente di utili prodotti, rileva invece l’assenza di una contabilità dei lavori ed un eccessivo squilibrio tra i costi sostenuti e quelli preventivati nel piano finanziario, ritenendo in tal modo verificatosi un danno subito dalla società.
Dunque, sulla scorta del fatto che se si fosse stipulato un contratto scritto, la società, in qualità di appaltante, avrebbe potuto pretendere il rispetto del business plan o, in alternativa, risolvere il contratto, il Tribunale di Perugia condanna P.M al risarcimento, in favore della società, pari alla differenza tra i costi sostenuti effettivamente e quelli preventivati al netto dei ricavi.
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