Amministrazione straordinaria: da quando decorre il termine per l’azione revocatoria

Il termine prescrizionale, entro il quale poter avanzare un’azione revocatoria da parte di una società in amministrazione straordinaria, non inizia a decorrere dal momento in cui viene nominato il Commissario straordinario, ma solo dal successivo momento in cui viene approvato il programma di cessione dei beni aziendali.

È quanto stabilito dalla prima Sezione Civile della Cassazione, la quale con sentenza n. 31194 del 3.12.2018, ha statuito che, ai sensi dell’art. 49 d.lgs. 270/99, «l’azione revocatoria fallimentare può essere proposta dal Commissario straordinario delle grandi imprese in crisi soltanto se è stata autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali», prevedendosi quindi l’avveramento di una «specifica condizione», quale l’autorizzazione del programma, perché il Commissario sia nella facoltà di poter esercitare un’azione revocatoria a favore della società medesima.

La vicenda sottesa alla sentenza de quo ha origine allorquando la società S.I. spa in amministrazione straordinaria si rivolgeva al Tribunale Ordinario di Roma per far dichiarare l’inefficacia di alcuni pagamenti che la stessa aveva effettuato a favore di una Società terza. La domanda veniva rigettata, ritenendo il giudice di prime cure fondata l’eccezione di controparte relativamente all’avvenuta prescrizione del diritto azionato.

La Corte d’Appello di Roma, in completa riforma della sentenza impugnata, ravvisava invece la fondatezza della domanda, «in quanto il termine di prescrizione quinquennale doveva essere fatto decorrere non dalla nomina del Commissario straordinario, ma dall’approvazione del programma di cessione del compendio aziendale».

Orbene, sul punto la Cassazione, condividendo l’impostazione del Giudice di secondo grado, ha chiarito come, stante la riforma legislativa avvenuta con il d.lgs 270/99, il termine prescrizionale dei cinque anni inizia a decorrere dal momento in cui avviene approvato il programma e non al momento della nomina del Commissario.

Ed infatti è la stessa lettera della nuova normativa a prevedere che per «le azioni per la dichiarazione di inefficacia e la revoca degli atti pregiudizievoli ai creditori previste dalle disposizioni della sezione III del capo III del titolo II della legge fallimentare possono essere proposte dal commissario straordinario soltanto se è stata autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali». Da ciò discende che il computo del dies a quo deve essere differito rispetto alla disciplina previgente, essendo nell’oggi richiesta quale condicio sine qua non per il pieno conferimento dei poteri in capo al Commissario straordinario, non solo una sua rituale nomina, ma anche la formale approvazione del programma che questi vorrà attuare.

Gli Ermellini hanno quindi rigettato il ricorso, condannando altresì la ricorrente al pagamento delle spese.

Dott. Alessio Modesti