Permesso di soggiorno: la sentenza del Consiglio di Stato

“La convertibilità del permesso di soggiorno ex art. 11, comma 1, lett. c -bis), D.P.R. 394 del 1999 (per motivi di giustizia, su richiesta dell’Autorità giudiziaria) non è né espressamente prevista dalla disposizione generale dell’art. 14 del D.P.R. 394/99 né tanto meno esiste alcun’altra disposizione normativa specifica che preveda la convertibilità del titolo di soggiorno in esame. Ciò comporta che, non conoscendo l’ordinamento giuridico italiano alcun principio di generale convertibilità delle varie tipologie di titolo di soggiorno, per cui la convertibilità va considerata piuttosto quale eccezione alla regola, nei soli casi tassativamente previsti, il permesso di soggiorno per motivi di giustizia deve essere considerato non convertibile, in virtù del principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”: questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza n. 4738 del 12 ottobre 2017.

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. Marche, l’odierno appellato, già titolare di un permesso di soggiorno ex artt. 5, co. 2, D.L.vo 286/1998 e 11, co. 1, lett. c-bis), D.P.R. 394/1999, ha impugnato il Decreto dd. 26 aprile 2016 del Questore della Provincia di Ancona, con il quale quest’ultimo ha respinto la domanda di rinnovo e/o di conversione del permesso di soggiorno per motivi di giustizia in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.

Il TAR accoglieva il ricorso avverso cui veniva proposto appello dal Ministero degli Interni.

Secondo i Giudici di Palazzo Spada “a differenza di quanto avviene per il permesso di soggiorno ex art. 18 D.L.vo 286/1998, ovvero per lo speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale, la convertibilità del permesso di soggiorno ex art. 11, co. 1, lett. c-bis), D.P.R. 394/1999 (per motivi di giustizia, su richiesta dell’Autorità giudiziaria, per la durata massima di tre mesi prorogabili per lo stesso periodo, nei casi in cui la presenza dello straniero sul territorio nazionale sia indispensabile in relazione a procedimenti penali in corso per uno dei reati di cui all’articolo 380 del codice di procedura penale, nonché per taluno dei delitti di cui all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75) non è né espressamente prevista dalla disposizione generale dell’art. 14 del D.P.R. 394/1999, che elenca i titoli di soggiorno convertibili, né tanto meno esiste alcun’altra disposizione normativa specifica che preveda la convertibilità del titolo di soggiorno in esame”.

Ciò comporta che, prosegue il Collegio, “non conoscendo l’ordinamento giuridico italiano alcun principio di generale convertibilità delle varie tipologie di titolo di soggiorno, per cui la convertibilità va considerata piuttosto quale eccezione alla regola, nei soli casi tassativamente previsti, il permesso di soggiorno per motivi di giustizia deve essere considerato non convertibile, in virtù del principio “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit””.

Infatti, conclude il Consiglio di Stato, “con il permesso di soggiorno per motivi di giustizia, l’interessato può soggiornare nel territorio nazionale a titolo precario, per un determinato fine e per un ristretto lasso di tempo, tant’è vero che la tipologia di permesso di soggiorno in commento è inserita dal legislatore tra i permessi di breve durata (art. 5, co. 2, D.L.vo 286/98). La non convertibilità si pone quindi, a parere del Collegio, oltretutto, anche come insuperabile conseguenza logica della natura eccezionale e della tipicità del fine perseguito dal titolo legittimante il soggiorno di cui è causa”.

L’appello, pertanto, veniva accolto e, per l’effetto in riforma della sentenza impugnata, respinto il ricorso di primo grado.

Dott. Andrea Paolucci