Accesso a Sky con smart card pirata: ecco cosa si rischia

novembre 4th, 2017|Articoli, Diritto penale, Marco Conti|

La Suprema Corte, con la sentenza n. 46443 depositata il 10 ottobre 2017, ha chiarito cosa si rischia in caso di accesso fraudolento ai dispositivi per vedere Sky sancendo il seguente principio di diritto “La condotta di chi utilizza i dispositivi che consentono l’accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del dovuto corrispettivo è espressamente sanzionata dall’art. 171 octies legge n. 633 del 1941, indipendentemente dall’utilizzo pubblico o privato che venga fatto dell’apparecchio atto alla decodificazione di trasmissioni audiovisive”.

Il caso specifico, poi arrivato al vaglio del Giudice di Legittimità, vedeva la Corte d’Appello confermare integralmente la sentenza emessa dal giudice di prime cure il quale condannava alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 2000 multa un soggetto che, fraudolentemente, installava un dispositivo atto alla decodificazione ad uso privato di programmi televisivi ad accesso condizionato rendendo gli stessi visibili senza il pagamento dovuto.

La condotta perpetrata dall’imputato si poneva, secondo i Giudici, in aperto contrasto con l’art. 171 octies della Legge 633/1941 (“Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”) il quale così dispone “Qualora il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 25.822 chiunque a fini fraudolenti produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale. Si intendono ad accesso condizionato tutti i segnali audiovisivi trasmessi da emittenti italiane o estere in forma tale da rendere gli stessi . visibili esclusivamente a gruppi chiusi di utenti selezionati dal soggetto che effettua l’emissione del segnale, indipendentemente dalla imposizione di un canone per la fruizione di tale servizio”.

Adiva la Suprema Corte l’imputato dolendosi di come la Corte Territoriale erroneamente ritenesse riconducibile il caso concreto alla norma de qua.

Gli Ermellini non ritenevano di pregio quanto eccepito dalla difesa del ricorrente ritenendo altresì dirimente la finalità fraudolenta perseguita dall’imputato e consistita nel mancato pagamento del canone dovuto per l’accesso ai canali della pay-tv.

Pertanto la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso e condannava per l’effetto il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dott. Marco Conti