Legittimo impedimento del difensore, quando c’è il diritto al rinvio della causa

La Corte di Cassazione, Sezione Penale, con sentenza n. 25772/2017 ha ribadito un principio già noto in materia di legittimo impedimento del difensore a comparire all’udienza.

Nonostante il difensore dell’imputato abbia fatto pervenire una richiesta di rinvio per legittimo impedimento, la Corte d’Appello di Ancona, rigettando tale istanza e riformando parzialmente la decisione del giudice di prime cure, decideva nel merito statuendo il non doversi procedere nei confronti dell’imputato per intervenuta prescrizione di alcuni dei reati contestatigli mentre, per il capo di imputazione non ancora prescritto, rideterminava la pena inflittagli in primo grado.

Il difensore dell’imputato ricorreva in Cassazione lamentando l’erronea interpretazione dell’art. 420 ter, comma 5, c.p.p. il quale espressamente prevede che, nel caso di assenza del difensore, il giudice con ordinanza rinvia ad una nuova udienza, solo quando risulta che l’assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato.

Gli Ermellini, richiamando una loro precedente statuizione, ribadiscono che il dover presenziare il medesimo giorno a differenti processi, non integra di per sé un impedimento che legittima la richiesta di rinvio da parte del difensore.

La Cassazione chiarisce infatti che l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento – ai sensi dell’art. 420 ter, comma 5, c.p.p. – nel solo caso in cui il difensore stesso comunichi sia l’impedimento, non appena venuto a conoscenza della concomitanza degli impegni, sia le motivazioni in base alle quali è necessaria la sua presenza nel diverso processo e rappresenti altresì le ragioni sottese alla impossibilità di avvalersi di un sostituto processuale ai sensi dell’art. 102 c.p.p..

Con riguardo al caso in esame, poiché il difensore comunicava l’impedimento soltanto due giorni prima della data fissata per l’udienza e rappresentava in maniera del tutto generica la prevalenza del differente impegno professionale e l’impossibilità a farsi sostituire da altro difensore in quanto unico abilitato a trattare la suddetta causa, la Suprema Corte, ritenendo fondata la decisione assunta dalla Corte d’Appello che aveva rigettato la richiesta suddetta, dichiarava inammissibile il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dott.ssa Claudia Barbara Bondanini