Responsabilità professionale dell’avvocato, la pronuncia della Suprema Corte

Con la sentenza n. 7410 pubblicata in data 23 marzo 2017 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della responsabilità professionale dell’Avvocato.

Il caso di specie riguardava due pensionati che hanno citato in giudizio il proprio legale per responsabilità professionale consistita nella mancata presentazione, nonostante il mandato ricevuto dei clienti, del ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che li aveva visti soccombenti. I pensionati hanno chiesto il risarcimento del danno per la perdita di un miglior trattamento pensionistico, di cui invece avrebbero potuto beneficiare a seguito del probabile accoglimento del ricorso da parte della Cassazione.

A seguito del rigetto della domanda attorea nei primi due gradi di giudizio, la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha accolto i motivi del ricorso dei due pensionati cassando la sentenza e rimettendo le parti dinanzi alla Corte d’Appello competente per il nuovo esame dei fatti di causa. La Suprema Corte nell’affrontare la questione giuridica posta al proprio vaglio, si è soffermata sull’attività professionale svolta dagli avvocati in cui appare fondamentale, a giudizio della stessa Corte, effettuare una corretta analisi della dicotomia esistente tra il contratto di patrocinio e la procura alle liti. Ebbene, la procura alle liti è un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, mentre il contratto di patrocinio è un negozio bilaterale col quale il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera secondo lo schema del mandato.

Di talché in base alla regola del riparto dell’onere della prova in materia contrattuale ex art 1218 c.c., incombe sul cliente l’onere di dare la prova del conferimento dell’incarico mentre incombe sul professionista l’onere di provare l’adempimento delle prestazioni con la diligenza di cui al secondo comma dell’art. 1176 c.c. id est il legale deve assolvere, sia l’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, anche ai doveri di sollecitazione, dissuasione e di informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest’ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato ovvero produttive del rischio di effetti dannosi.

Ad un tale riguardo i Giudici di legittimità hanno statuito il principio secondo cui qualora il cliente abbia fornito la prova della conclusione del contratto di patrocinio, con il conferimento dell’incarico all’avvocato di proporre azione in giudizio in primo ed in secondo grado, non è necessario il conferimento di ulteriore mandato per agire in sede di legittimità, della cui prova sia gravato il cliente. La sola circostanza che questi non abbia rilasciato la procura speciale richiesta allo scopo non esclude la responsabilità del professionista per mancata tempestiva proposizione del ricorso, gravando sull’avvocato l’onere di provare di aver sollecitato il cliente a fornire indicazioni circa la propria intenzione di proporre o meno ricorso per cassazione avverso la sentenza sfavorevole di secondo grado e di averlo informato di questo esito e delle conseguenze dell’omessa impugnazione, nonché l’onere di provare di non aver agito in sede di legittimità per fatto a sé non imputabile (quale il rifiuto di impugnare o di sottoscrivere la procura speciale da parte del cliente) ovvero per la sopravvenuta cessazione del rapporto contrattuale».

Dott. Salvatore Ettore Masullo