Dichiarazione dei redditi: errore non è sempre evasione fiscale

La Corte di Cassazione, come già affermato in più occasioni, con la sentenza n. 6869/17 ha precisato che “la dichiarazione dei redditi non è un atto negoziale o dispositivo, bensì una dichiarazione di scienza, sicché, in caso di errore (di fatto o di diritto) commesso dal contribuente, essa è, in linea di principio, emendabile e ritrattabile quando possa derivarne l’assoggettamento ad oneri contributivi più gravosi di quelli che, in base alla legge, devono restare a carico del dichiarante”.

La Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza di primo grado in base alla quale, il Tribunale di Taranto, ha dichiarato la responsabilità penale del legale rappresentante della società che indicava nella dichiarazione dei redditi elementi non veritieri al fine di evadere le imposte.

Contro la suddetta sentenza l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione “lamentando la nullità della sentenza sia sotto il profilo del vizio di motivazione che sotto quello della violazione di legge”.

La Corte ha ritenuto fondato il ricorso in quanto, all’esame della documentazione contabile, è emerso che l’incertezza contabile, e quindi l’erroneità della dichiarazione dei redditi, aveva ad oggetto non solo i costi, ma anche i ricavi della stessa società.

La Corte ha inoltre precisato che la dichiarazione dei redditi è una dichiarazione di scienza per cui ha ritenuto irrilevanti i dati provenienti dalla contabilità tenuta dal ricorrente che attesterebbero l’esistenza di un imponibile assai inferiore a quello dichiarato.

La Corte, accogliendo il ricorso, ha quindi cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Lecce affinché sia precisato in sede di merito il valore degli importi, ritenendosi fondamentale per l’integrazione del reato di evasione fiscale “sia il dato relativo all’ammontare del reddito imponibile che quello concernente l’ammontare delle componenti attive del reddito”.

Dott.ssa Rosita Sovrani