
Diffamazione, quando è applicabile l’esimente dell’immunità giudiziale
La Suprema Corte, con la sentenza n. 2507 emessa in data 19 gennaio 2017, si è pronunciata sull’applicabilità dell’esimente speciale di cui all’art. 598 c.p. che rubrica “offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative”, relativamente ad un procedimento in cui agli imputati veniva ascritto il reato di diffamazione ai sensi dell’art. 595 c.p.
Nel caso specifico, adiva la Corte di Cassazione la parte civile impugnando la sentenza con la quale la Corte d’Appello assolveva gli imputati.
La parte ricorrente, nel ricorso promosso innanzi alla Suprema Corte, si doleva dell’errata applicazione, da parte della Corte distrettuale, dell’esimente dell’immunità giudiziale, in quanto questa sussisterebbe solo nel caso in cui le espressioni diffamatorie riguardino in modo diretto e immediato l’oggetto della controversia tanto da porsi funzionalmente rispetto alle argomentazioni addotte a sostegno della tesi difensiva. Concludeva la parte ricorrente sostenendo l’inapplicabilità dell’esimente de qua allorquando le offese si risolvano in giudizi meramente apodittici sulla persona denigrata.
La Corte di Cassazione non condivideva le argomentazioni addotte dalla parte civile sull’assunto secondo cui, in tema di esimente ex art. 598 c.p., seppur risulta invalicabile il vincolo della rilevanza in ordine all’oggetto della controversia, “il bene tutelato è la libertà di difesa nella sua correlazione logica con la causa a prescindere dalla fondatezza dell’argomentazione”.
Per quanto su esposto la Suprema Corte dichiarava l’inammissibilità del ricorso promosso dalla parte civile.
Dott. Marco Conti

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La Corte di Cassazione non condivideva le argomentazioni addotte dalla parte civile sull’assunto secondo cui, in tema di esimente ex art. 598 c.p., seppur risulta invalicabile il vincolo della rilevanza in ordine all’oggetto della controversia, “il bene tutelato è la libertà di difesa nella sua correlazione logica con la causa a prescindere dalla fondatezza dell’argomentazione”.
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