Processo civile, impossibile utilizzare prove sottratte in modo fraudolento all’altra parte

La Corte di Cassazione, Sezione VI civile-1, con l’ordinanza n. 22677/16, depositata l’8 novembre, ha affermato che nel giudizio civile non possono essere usate prove ottenute in modo fraudolento, sottraendole all’altra parte processuale.

Il caso di specie riguarda il giudizio di separazione di due coniugi presso il Tribunale di Pistoia.

Nel menzionato giudizio entrambi i coniugi avevano formulato domanda di addebito della separazione: il giudice le ha respinte entrambe e con lo stesso provvedimento ha altresì stabilito l’affidamento condiviso dei figli e il versamento di un assegno mensile di mantenimento in favore della moglie.

Successivamente il marito è ricorso in appello per chiedere l’affido esclusivo della prole e proponendo nuovamente richiesta di addebito della separazione alla moglie: la Corte d’Appello ha respinto questa sua ultima domanda ma ha accolto invece la prima, concedendogli pertanto l’affidamento esclusivo dei figli.

A seguito tale provvedimento, la moglie ricorre per Cassazione, denunciando, fra gli altri motivi, la mancata acquisizione come materiale probatorio ai fini del giudizio di alcune registrazioni vocali (inviate in forma anonima alla ricorrente) che la stessa riteneva utili per dimostrare l’influenza negativa che il padre aveva sui figli.

La Suprema Corte ha rilevato sia l’inutilità delle registrazioni dei discorsi fra moglie e marito ai fini della decisione della Corte d’Appello in merito all’affidamento dei figli, sia l’impossibilità di utilizzare in giudizio tali registrazioni poiché ottenute in modo illecito.

La Suprema Corte, difatti, ha ritenuto infondata l’assunto della moglie circa la possibilità di utilizzare in un giudizio civile materiale probatorio ottenuto tramite sottrazione fraudolenta all’altra parte che ne era in possesso; il legislatore, infatti, riserva la possibilità di utilizzare prove ottenute in modo fraudolento solo nel giudizio penale e non in quello civile.

La Corte di Cassazione ha dunque rigettato il ricorso proposto dalla moglie poiché ha ritenuto infondati e inammissibili tutti i motivi addotti.

Dott.ssa Carmela Giovannini