Esame avvocato: la sentenza del Consiglio di Stato sul giudizio della Commissione

In tema di esami per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, il giudizio formulato dalla Commissione comporta una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica del candidato ed attiene così alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile unicamente, sul piano della legittimità, per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, emergenti dalla stessa documentazione, tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che con ciò il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione”. Questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione IV, con la sentenza n. 4038 del 30 settembre u.s..

Il caso in esame ha ad oggetto l’annullamento del provvedimento di non ammissione del candidato alla prova orale degli esami di abilitazione all’esercizio della professione di Avvocato, sessione 2013, nonché del provvedimento di giudizio sintetico ed analitico espressi nel verbale del 10.04.2014, redatto dalla V^ Sottocommissione d’esame istituita presso la Corte di Appello di Bologna.

Il ricorrente originale aveva impugnato i detti provvedimenti prospettando censure di violazione di legge ed eccesso di potere ed aveva sottolineato, in particolare, l’assoluta assenza di intellegibile motivazione dalla quale arguire quali fossero le lacune e gli errori sottesi al giudizio di inidoneità.

Il TAR adito, con ordinanza n. 583 del 24.10.2014, accoglieva l’istanza cautelare proposta disponendo “la rinnovazione della valutazione delle prove scritte ad opera di altra sottocommissione; apponendo le annotazioni necessarie a far emergere l’iter logico seguito, in commissione con diversa composizione ed insieme agli elaborati di altri candidati estratti a caso (in numero minimo di dieci), attribuendo anche a questi ultimi un giudizio ai soli fini di assicurare l’anonimato”.

L’amministrazione originaria resistente rimasta soccombente, impugnava la predetta decisione deducendo che il TAR avesse “erroneamente disatteso i principi ricavabili dalla costante giurisprudenza amministrativa che aveva a più riprese sostenuto la sufficienza della motivazione espressa mercè la indicazione di una espressione numerica, e che gli elaborati di parte appellata erano affetti da carenze tali da non potere conseguire l’idoneità”.

I giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto l’appello fondato, con consequenziale riforma dell’impugnata decisione, reiezione del ricorso di primo grado, e salvezza degli atti impugnati.

I giudici amministrativi, infatti, hanno affermato che “il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di eccesso di potere per manifesta illogicità, con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti”, che “il punteggio numerico vale come sintetica motivazione” ed infine che “la valutazione degli elaborati di parte appellata sia immune dai riscontrati vizi”.

Pertanto, “ogni altro apprezzamento costituirebbe indebito sindacato di merito, come tale inammissibile nel giudizio di legittimità”.

L’appello, veniva di conseguenza accolto.

Dott. Andrea Paolucci