La figura dell’esecutore testamentario

Il testatore può affidare ad un soggetto, detto esecutore testamentario, il compito di curare che siano esattamente eseguite, attraverso un proprio atto di volontà, le sue disposizioni testamentarie (art.700 c.c.). Naturalmente, la nomina ad esecutore testamentario deve essere contenuta nel testamento e a questo deve seguire un’accettazione affinché l’istituto possa dirsi perfezionato. L’accettazione dovrà risultare da una dichiarazione resa nella cancelleria del Tribunale competente, a pena di inefficacia.

Oggetto di particolare dibattito è stata la definizione sulla natura giuridica di tale istituto. Ad oggi, si ritiene superata la teoria che qualificava l’esecutore come un mandatario post mortem del testatore, non confluendo designazione ed accettazione in un contratto.

Parimenti superata è la tesi per la quale l’esecutore testamentario sia da considerarsi un rappresentante dell’eredità, poiché risulta pacifico che l’eredità non ha una propria soggettività giuridica. Preferibile è, allora, la teoria della costituzione di un ufficio di diritto privato finalizzato esclusivamente a dare esatta esecuzione alle disposizioni testamentarie. In virtù di ciò, infatti, l’esecutore, in forza della clausola testamentaria che lo nomina, è investito del potere di compiere determinati atti (Cass. 24.04.1965, n. 719).

Non potrà essere nominato esecutore testamentario colui che non dispone della piena capacità di obbligarsi, poiché dovrà agire in nomine proprio. Diversamente, potrà essere nominato esecutore l’emancipato autorizzato all’esercizio dell’impresa; il fallito poiché in realtà privato della capacità di obbligarsi solo nei limiti dei beni esistenti nel proprio patrimonio alla data di dichiarazione di fallimento; così anche, una persona giuridica in virtù dell’esercizio dell’ufficio di tutore ex art. 354 c.c..

L’esecutore testamentario, nello svolgimento del suo compito che si basa nell’assicurare la piena attuazione delle volontà del de cuius, dispone di una duplice legittimazione processuale, ovvero, una legittimazione iure proprio attinente all’esercizio dei diritti e degli obblighi relativi al proprio incarico. E di una legittimazione spettantegli quale sostituto processuale, diretta al promovimento di controversie relative a rapporti di cui l’esecutore non è titolare ma pur tuttavia la cui tutela assicura l’esatto adempimento dell’incarico ricevuto e che investe l’accertamento oltre che della qualità di erede o di legatario degli istituti anche dell’oggetto dell’istituzione testamentaria (Cass. 16.03.1977, n. 1044).

Come precedentemente accennato, sia l’accettazione che la rinuncia a tale carica sono soggette, ai fini della validità, a precise forme pubblicitarie ex art. 702 c.c.: ciò in armonia con il principio di solennità che caratterizza le disposizioni in materia di successioni mortis causa, al fine di assicurare un ambito di massima certezza, per il grande rilievo economico attribuito dall’ordinamento, al trasferimento del patrimonio dal de cuius ai suoi successori.

Conseguentemente, l’accettazione della nomina qualora non formalizzata ai sensi dell’art. 702 c.c. non comporta l’investitura dell’ufficio ad esecutore testamentario (Cass. 27.04.1993, n. 4930).

L’ufficio dell’esecutore testamentario è solitamente gratuito, ex art. 711 c.c.; la gratuità si giustifica con la possibilità da parte del soggetto, potenzialmente esecutore, di rifiutare l’incarico evitando in questo modo di dover affrontare relativi oneri e incombenze connesse a tale ufficio e senza, di fatto, poter reclamare alcun compenso, a meno che non sia stata disposto in modo esplicito dal testatore (Cass. Sez.II, 30.08.2004, n. 17382). In tal senso, infatti, il testatore può ben stabilire un compenso,  per colui che verrà nominato esecutore testamentario, da porsi a carico dell’eredità, per le attività svolte anche di diversa natura (Cass. 26.11.2015, n. 24147).

Le funzioni dell’esecutore testamentario sono disciplinate ex art. 703 c.c..

Egli dovrà eseguire le disposizioni di ultima volontà del defunto, nonché amministrare la massa ereditaria prendendo possesso dei beni che ne fanno parte.

Tale amministrazione non comporta, da parte dell’esecutore, un semplice controllo ma un vera e propria funzione attiva come, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, quella di pagare i debiti ereditari ovvero adempiere i legati, alienare beni previa autorizzazione giudiziale.

Naturalmente, dovrà rendere conto della propria gestione al termine della stessa, la quale potrà comunque essere prorogata di un anno.

Alessandra Natali