L’obbligo di cooperazione e di verifica della correttezza dell’operato dei colleghi va oltre la qualifica professionale?

Con sentenza n. 30991/2015 la Suprema Corte ha affrontato il tema della colpa professionale in caso di cooperazione multidisciplinare.

La Suprema Corte ha statuito che in tema di colpa professionale, qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 46824 del 26/10/2011 Ud. (dep. 19/12/2011), Rv. 252140; conf. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 41317 del 11/10/2007 Ud.(dep.09/11/2007), Rv.237891).

Tale principio sebbene in genere prenda in considerazione la sinergia dei medici in sala operatoria, «può essere applicata anche al personale paramedico, nei limiti delle competenze per cui è richiesta la loro prestazione», motivo per cui nel caso in esame della Suprema Corte, il rispetto delle normali regole di prudenza avrebbe imposto agli infermieri, una volta posizionata la paziente sedata sul lettino, di legarla immediatamente, o quantomeno di mantenere una stretta sorveglianza sul suo stato, e la colpevole mancanza di tali condotte ben può essere ritenuta una concausa delle successive lesioni riportate dalla stessa.

Dott.ssa Valentina Lieto